FIRENZE - L’analisi congiunturale Trend, con cui CNA Toscana in collaborazione con ISTAT analizza i dati della contabilità di migliaia di imprese artigiane della regione, mostra un consuntivo 2013 ancora in negativo.
“La crisi continua a colpire pesantemente l’artigianato toscano – ha commentato il Presidente CNA Toscana Valter Tamburini – ma, con un fatturato nel 2013 di 6,4 miliardi di euro, l’artigianato riconferma comunque il proprio “peso” nell’economia toscana. Una performance di tutto rispetto, che però non deve distogliere l’attenzione dal pesante bilancio che la Grande Recessione ha imposto al sistema economico artigiano”.
L’artigianato toscano ha perduto infatti dal 2008 al 2014 circa -35 punti percentuali di fatturato e quasi 9.000 aziende. Un calo demografico che ormai appare strutturale e mette in seria discussione gli equilibri all’interno dei sistemi produttivi locali, segnale di un cambiamento negativo molto profondo che può indebolire in modo irreversibile i meccanismi di crescita economica della regione.
Aggiunge il Direttore CNA Toscana Saverio Paolieri: “Le prospettive per l’artigianato toscano sono al momento piuttosto incerte soprattutto per le conseguenze negative imposte da sei anni d’intensa recessione. L’economia artigiana non può certo risollevarsi in modo robusto (e rapido) con le sole proprie forze dopo una recessione di tale portata. La nostra analisi congiunturale evidenzia anche una caduta degli investimenti, segnale evidente del persistente sentiment negativo degli imprenditori artigiani e, dall’altro, delle difficoltà di accesso al credito per le aziende (-10,7%, il calo dei prestiti all’artigianato toscano durante la crisi)”.
A questi problemi si aggiunge il peso delle tasse che pesano sulle imprese in media per il 63,1% (ma in Toscana ben 4 capoluoghi di provincia superano questa media). E anche il costo della burocrazia. Oltre alla crisi, il carico crescente ed insostenibile in questi anni di fisco e burocrazia è tra le principali cause del declino economico ed occupazionale delle PMI e dell’artigianato. La sua riduzione può essere una leva importante per la ripresa e lo sviluppo.
Spiega il presidente Tamburini: “Tasse e burocrazia pesano come un macigno sulle imprese e ne impediscono lo sviluppo. 11mila euro è il costo per impresa e 1 miliardo e 200 milioni di euro il salato conto pagato dall’insieme dell’artigianato toscano. Tanto costa la burocrazia ogni anno: una gigantesca tassa nascosta. La “macchina della burocrazia” brucia tempo e risorse finanziarie. Ma queste cifre sono solo una stima molto parziale del danno economico e sociale causato da questo fenomeno nella nostra regione.
Oltre al costo aziendale, va considerato, più in generale, l’effetto ‘freno’ allo sviluppo: dagli investimenti non effettuati all’occupazione non creata, dalle idee non realizzate alla fiducia persa nei meandri, nelle lungaggini, nelle contraddizioni e nelle pastoie delle pratiche e dei procedimenti. È indubbiamente un forte vincolo alla voglia di ripresa e di riscatto che, malgrado le ferite della crisi, anima ancora buona parte del tessuto artigiano della regione”.
E il direttore Saverio Paolieri prosegue “malgrado le dichiarazioni, le intenzioni, gli impegni e le riforme, delle Istituzioni centrali e anche di quelle regionali, la percezione da parte delle PMI toscane è che non ci sia, né ci sia stato, un miglioramento tangibile. Anzi il carico percepito è forse aumentato e questo è paradossale, data la gravità della situazione. Il problema incide ancora più pesantemente sulle imprese di minor dimensione. Oltre al numero eccessivo di adempimenti, ecco i problemi più comuni: mancanza di chiarezza, di certezza, di uniformità delle norme - tempi dilazionati e difficoltà autorizzatorie, mancanza di interpretazioni chiare - adempimenti non proporzionali alla dimensione d’impresa; una telematizzazione e digitalizzazione che finora non ha portato vantaggi per le imprese snellendo la relazione con la PA”.
Le politiche economiche necessarie e urgenti per il rilancio dell’economia toscana
“A questo punto – afferma il presidente Tamburini - è necessaria una concreta “difesa” della base produttiva e del ruolo anche sociale dell’imprenditore artigiano. Sono urgenti policy coraggiose e pro-attive. La auspicata ripresa della domanda estera da sola comunque non sarebbe sufficiente a coprire i vuoti produttivi accumulati in tutti questi anni di crisi. Sarà determinante stimolare la spesa per investimenti (tecnici e know-how) per cercare di non mettere a rischio le basi stesse di una possibile ripartenza.
Ma anche dare fiato alla domanda di consumo da parte delle famiglie e a quella intermedia espressa dal sistema produttivo che deve trovare motivazioni per riattivare le nostre filiere produttive locali. Molte sono le politiche regionali che potrebbero restituire forza e dignità alle piccole imprese toscane recuperando il loro ruolo storico fondamentale, ruolo che non è assolutamente in contrasto con una crescita sana della grande e media impresa e l’attrazione di gruppi e di investitori internazionali: dalla predisposizione di idonei meccanismi di correzione per l’accesso al credito della micro e piccola impresa alla riduzione dei costi e degli adempimenti che pongono la Toscana in svantaggio anche rispetto ad altre regioni del centro-nord, dalla maggiore apertura delle gare e degli appalti pubblici alle piccole imprese (che la normativa vigente già consentirebbe in modo significativo, se solo ci fosse la volontà ed il coraggio da parte delle stazioni appaltanti) a rendere il sistema della formazione più efficiente e mirato ai bisogni reali del nostro sistema produttivo”.
“La Regione Toscana invece – dichiara il direttore Paolieri - continua ad utilizzare le risorse dei fondi strutturali per finanziare la grande impresa, senza concrete garanzie di interagire con l’indotto locale: nel nuovo Por Creo Fesr 2014-2020 la Regione taglia nuovamente fuori le piccole imprese e riserva alle grandi ben due misure, a cui destina complessivamente più risorse di quelle riservate alla analoga misura dell’intero settore manifatturiero delle MPMI. La Regione, negli ultimi anni, ha poi investito molto sulla riorganizzazione del sistema di trasferimento tecnologico, ma sia i Poli che i Distretti Tecnologici non si sono rapportati adeguatamente alla micro e piccola impresa; ha più volte ribadito di voler mirare gli incentivi alle imprese ‘dinamiche’, ma ancora non sappiamo con quali criteri saranno individuate.
CNA Toscana chiede alla Regione di dare a tutte le realtà economiche la possibilità di inserirsi nel processo di rilancio competitivo del proprio territorio. Se non ripartono le economie locali sarà difficile rilanciare lo sviluppo e l’occupazione. Inoltre chiediamo che la Regione intervenga sulla patrimonializzazione dei confidi, in particolare Artigiancredito Toscano, il consorzio di garanzia unitario dell’artigianato toscano, strumento insostituibile che facilita l’accesso al credito delle piccole imprese e che, in particolare in questi anni, ha svolto il ruolo fondamentale di ammortizzatore sociale per le piccole imprese in difficoltà.
In assenza della garanzia, l’accesso al credito sarebbe precluso alla quasi totalità delle micro e piccole imprese, con conseguenze facilmente intuibili in termini di crisi aziendali e di chiusure. Chiediamo poi che la Regione favorisca il processo di aggregazione fra i diversi confidi operanti in Toscana”.
CNA Toscana inoltre, partendo dalle difficoltà quotidiane delle imprese che rappresenta, presenta tre punti che corrispondono a interventi e riforme a costo zero sulle quali la Regione Toscana e il sistema delle autonomie locali può e deve fare di più, in un momento difficile per la piccola impresa toscana:
Riforma nella legislazione ed abolizione degli adempimenti inutili e inefficaci e/o la cui applicazione è molto complessa e pregiudica l’attività delle PMI; la lista è lunga: il SISTRI (tracciabilità dei rifiuti speciali), la patente per i gas tossici, la vidimazione del registro infortuni, la normativa sulle aziende insalubri, la legislazione sulla sicurezza sproporzionata per oneri, ore obbligatorie di formazione e ‘produzione di carta’; anche alcune procedure utilizzate dagli Sportelli Unici quali la conferenza dei servizi che di fatto non funziona (in quanto porta una notevole dilazione ed incertezza sui tempi per il rilascio delle autorizzazioni), con il risultato di scoraggiare gli investimenti e le iniziative imprenditoriali. A seconda dei casi, la Regione può intervenire direttamente sulla propria normativa o portare avanti l’istanza della semplificazione a livello nazionale attraverso le sedi opportune.
Standardizzazione e armonizzazione delle norme e delle prassi. È necessario che la Regione supporti, attraverso la propria guida ed un’attività di integrazione e coordinamento, una standardizzazione e semplificazione delle prassi, incluse le fonti informative ed i formulari, al fine anche di aumentare l’efficacia degli Sportelli Unici; così anche la telematizzazione delle procedure porterebbe un risparmio sui tempi e sui costi alle imprese, che finora purtroppo hanno visto solo l’aspetto deteriore del passaggio dalla carta al digitale, almeno per quanto riguarda i rapporti con la PA. Per finalizzare efficacemente questo processo di semplificazione e di standardizzazione delle prassi la costituzione di un’Agenzia delle Imprese è una possibile soluzione.
Apertura effettiva delle gare d’appalto alle piccole imprese. Una barriera amministrativa spesso invalicabile impedisce alle piccole imprese di essere fornitori della PA; l’apertura dei bandi e delle gare di appalto alle PMI di fatto non c’è: prevale l’avversione nello ‘spacchettare’ appalti di una certa dimensione e l’orientamento verso un appesantimento non richiesto dalla stessa normativa (es. ‘gara europea’) per appalti di piccola dimensione.