Fra i punti di maggior rilievo rispetto all’edizione precedente ci sono l’acquisita consapevolezza che Borghese venne assassinato alla vigilia del suo ritorno in Italia, che Andreotti fu connivente con i golpisti e che il Pci seppe da subito del “Golpe”.
Il 17 marzo 1971, esattamente cinquant’anni fa, l’edizione pomeridiana di «Paese Sera» e, con maggiore consapevolezza e dirompenza, quella successiva del 18 marzo (immagine in allegato), denunciarono il “Golpe” tentato il 7-8 dicembre 1970 dai neofascisti guidati da Junio Valerio Borghese.
Un agente del Sid, il capitano Antonio Labruna, aprì un’inchiesta riuscendo a scoprire mandanti ed esecutori. Produsse un “Malloppo documentario” poi però censurato dal suo capo, il generale Gian Adelio Maletti, e dall’allora ministro della Difesa, Giulio Andreotti. Il depistaggio andò in porto e tutti, persino i rei confessi, furono assolti dalla Cassazione.
Questo saggio (pp. 304, Euro 16,00), attraverso un provocatorio “Quarto grado di giudizio”, ribalta la “verità giudiziaria” e porta in scena la “verità storica”. Dimostra, tra l’altro, che il tentativo di “Golpe” fu pieno e concreto e che coinvolse personaggi di primo piano delle trame politiche di quegli anni, a partire da Giulio Andreotti e Licio Gelli. Gli stessi, con ogni probabilità, dopo aver constatato la defezione dal progetto eversivo da parte dei Carabinieri e degli Usa, furono anche gli autori dei messaggi inviati a Borghese circa la necessità di emanare un “contrordine” (diramato immediatamente da Borghese).
Ogni dato è stato ricostruito anche grazie alla documentazione archivistica, spesso inedita, proveniente dal Sid, dalla Commissione parlamentare P2 e dalla Commissione parlamentare stragi.
Tre i maggiori punti innovativi di questa seconda edizione del testo. Il primo risiede nella consapevolezza sulla morte di Borghese, avvenuta in Spagna nell’agosto 1974, alla vigilia del suo rientro in Italia: il “Principe nero” venne molto probabilmente assassinato da chi (armato dagli ambienti andreottiani e da quelli massonici, innanzitutto) temeva le rivelazioni che avrebbe potuto fare alla magistratura.
Il secondo è rappresentato dalla convinzione che il Pci fosse riuscito, nei giorni stessi del “Golpe”, a sapere del complotto ma che decise di reagire con estrema cautela facendo trapelare la notizia solo, appunto, il 17 marzo 1971.
Un altro punto scaturisce dalle carte e dalle testimonianze sul ruolo filogolpista assunto da Andreotti.
Fulvio Mazza (1956), dirige l’Agenzia letteraria “Bottega editoriale”. Ha collaborato con le cattedre di Storia contemporanea, di Storia moderna e di Pedagogia dell’Università della Basilicata e dell’Università della Calabria.
È autore di numerosi saggi di Storia moderna, Storia contemporanea, Economia e Comunicazione pubblicati, fra gli altri, da Città del Sole edizioni, Edizioni scientifiche italiane, Franco Angeli, Infinito edizioni, Istituto della Enciclopedia italiana (“Treccani”), Laterza, Rubbettino. La sua ultima pubblicazione è: La vita rubata. Storia di Giuseppe Uva. Morto. Ma nessuno lo ha ucciso (Infinito edizioni, 2021). Per Pellegrini editore ha pubblicato, nel 1972, assieme a Maria Tolone, la biografia del leader comunista Fausto Gullo.