Il Centro Pecci ha inaugurato ieri MARK WALLINGER MARK, la prima mostra personale in Italia dell’artista inglese.
Mark Wallinger, nato nel 1959 a Chigwell, è uno dei più importanti artisti contemporanei attivi nel Regno Unito. Noto per la sua ricerca sul tema dell’identità e per aver indagato fin dagli esordi della sua carriera i concetti di potere, autorità, inganno e illusione, l’artista utilizza una grande varietà di mezzi espressivi, spaziando tra pittura, scultura, fotografia, video, installazione, performance e arte pubblica.
Dopo una prima candidatura nel 1995, nel 2007 Wallinger ha vinto il Turner Prize con l’installazione State Britain, una replica fedele del presidio di protesta messo in atto in Parliament Square a Londra dall’attivista e pacifista Brian Haw.
Al Centro Pecci sono esposte le opere più significative delle varie fasi della carriera di Wallinger, offrendo così la possibilità al pubblico di comprendere la sua pratica artistica.
Il percorso espositivo inizia con Ecce Homo (1999-2000), la prima scultura di arte contemporanea ad aver occupato il piedistallo storicamente vuoto di Trafalgar Square a Londra. La figura di un perseguitato tormentato da una corona di spine rappresentava un interrogativo provocatorio nel suo contrasto con le altre statue presenti nella piazza, in pietra e bronzo, che simboleggiano i princìpi di una nazione. Ecco l’uomo, circondato dal dubbio, in attesa del verdetto finale in risposta alla domanda “È un comune mortale o vivrà in eterno?”.
In Passport Control (1988), una serie composta dagli ingrandimenti di alcune sue fotografie di passaporti rielaborate con scarabocchi di pennarello e bianchetto, Wallinger affronta direttamente le questioni relative agli stereotipi razziali e culturali. Un lavoro lungimirante, se si pensa ai recenti sviluppi geopolitici e alla crescente paranoia associata ai confini internazionali.
Gli id Paintings (2015-2016), sviluppati a partire dalla numerosa serie dei Self Portraits, rimandano al corpo dell’artista stesso: la sua altezza, sommata all’ampiezza delle sue braccia spalancate, determina infatti le dimensioni della tela. Wallinger adotta delle pose simmetriche, in modo che i gesti sulle due metà della superficie pittorica siano speculari, rimandando alla simmetria bilaterale dell’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, ma anche alle macchie del test di Rorschach.
Realizzati distribuendo il colore sulla tela attraverso i movimenti spontanei delle mani intinte nella vernice, gli id Paintings costituiscono la testimonianza del gesto alla base della loro creazione e del confronto fisico dell’artista con la superficie pittorica. Nel riconoscere forme e figure differenti sulla superficie, ogni spettatore rivela le proprie preferenze e inclinazioni mentre cerca di interpretare quelle dell’artista.
Nella variegata serie Self Portraits (2007-2015) l’artista prende la lettera maiuscola “I” (“IO”), il pronome personale inglese che ognuno utilizza per riferirsi a sé stesso, e cerca di estrarne una forza espressiva; allo stesso modo in Self (Symbol) 2017, la stessa “I” maiuscola nel font Symbol è espansa fino a diventare una statua tridimensionale della stessa altezza di Wallinger.
La presenza dell’artista si avverte chiaramente anche in altre due opere. In Shadow Walker (2011), Wallinger ha ripreso la propria ombra che gli si staglia davanti mentre cammina per le strade di Londra, ipotizzando un’esistenza autonoma della sagoma, “reale” tanto quanto il corpo dell’artista che l’ha originata. In MARK (2010), Wallinger ripete in vari luoghi della città di Londra il titolo dell’opera, inscrivendolo ripetutamente con un gessetto all’interno della misura standard di un mattone. Un’operazione di tagging imperturbabile viene riproposta attraverso uno slide-show di fotografie in cui la scritta MARK appare nel medesimo punto di fuga prospettico in 2265 immagini.
The Unconscious (2010) è un’installazione costituita da enormi ingrandimenti di fotografie digitali, trovate dall’artista online, che ritraggono delle persone addormentate sui mezzi pubblici. Alle immagini manca la solidità delle fotografie in alta risoluzione, come se i loro soggetti stessero a poco a poco scivolando via dalla dura realtà del mondo dei trasporti pubblici, portati alla deriva da interferenze che emergono protettive dalla dimensione del sonno.
Pietre Prato (2018) è una nuova opera site-specific realizzata per la mostra. Le pietre numerate a mano con il loro intrinseco contrasto tra il lavoro dell’uomo e la monumentale scala temporale della geologia, convogliano riflessioni sulla mortalità e sulle liste degli scomparsi e degli ignoti.
A chiudere il percorso espositivo vi sono due imponenti video-documentazioni. Construction Site (2011) segue le operazioni di tre operai edili intenti ad erigere sulla spiaggia una torre di impalcature perfettamente allineata all’orizzonte, che, una volta completata, viene smantellata e riassemblata da capo. In Sleeper (2004) l’artista, indossando un costume da orso, percorre per tutta la notte gli immensi spazi deserti della Neue Nationalgalerie di Berlino.
MARK WALLLINGER MARK è una mostra itinerante che è stata ospitata precedentemente presso il Serlachius Museum di Mänttä in Finlandia (2016), il The Fruitmarket Gallery di Edimburgo e il Dundee Contemporary Arts di Dundee in Scozia (2017).