Assemblea Mps: la Fondazione prevale sul Consiglio di Amministrazione

Rinviato l'aumento di capitale su proposta del presidente di Fmps, Antonella Mansi. Cooptati quattro nuovi amministratori. Il presidente della Provincia Simone Bezzini: “Uno sforzo per riannodare i fili spezzati ed evitare dannose destabilizzazioni”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 dicembre 2013 22:45
Assemblea Mps: la Fondazione prevale sul Consiglio di Amministrazione

Siena, 28 dicembre 2013 - L’Assemblea di Banca Monte dei Paschi di Siena, riunitasi oggi sotto la presidenza di Alessandro Profumo, ha approvato in sede straordinaria:

- la proposta presentata dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, in alternativa a quella del Consiglio di Amministrazione, di aumentare il capitale sociale a pagamento per un importo massimo di 3 miliardi di Euro da eseguirsi non prima del 12 maggio 2014 ed entro il 31 marzo 2015, in forma scindibile, mediante emissione di azioni da offrire in opzione ai soci. - L’operazione di raggruppamento delle azioni ordinarie in circolazione nel rapporto di 1 nuova azione ogni 100 azioni ordinarie esistenti da eseguirsi entro il 30 giugno 2014.
L’Assemblea ha, poi, deliberato in sede ordinaria:
- di integrare il Consiglio di Amministrazione con la nomina dei quattro amministratori, le Sig.re Béatrice Bernard e Marina Rubini ed i Sig.ri Daniele Discepolo e Marco Miccinesi, già cooptati dal Consiglio; - di autorizzare il compimento, in una o più volte, di atti di disposizione sulle n.

54.495.378 azioni proprie detenute dalla Banca.

Di seguito l’intervento del presidente di Fmps, Antonella Mansi, all’assemblea odierna:
"Gli attuali organi della Fondazione, insediati da appena tre mesi, si sono trovati subito ad affrontare una situazione particolarmente grave e complicata, su cui peraltro sono state tempestivamente avviate le opportune verifiche tecniche, anche per accertare eventuali profili pregressi di responsabilità. I Documenti Programmatici, elaborati in tempi molto ristretti, hanno evidenziato con chiarezza la situazione ereditata, gli obiettivi strategici e le conseguenti linee guida da seguire per il loro raggiungimento. Naturalmente l’obiettivo prioritario è costituito dalla messa in sicurezza e dalla salvaguardia del patrimonio dell’Ente, passaggio essenziale per recuperare la capacità di perseguire gli scopi di utilità sociale, a beneficio del territorio di riferimento. In questo contesto di estrema complessità, abbiamo dovuto segnalare che l’accelerazione dell’operazione di aumento del capitale avrebbe definitivamente compromesso la possibilità di continuare a farci carico di quelle utilità sociali che sono l’essenza della nostra natura fondazionale. Questa dichiarata preoccupazione è stata letta dall’autorevole giurista il cui appunto è stato diffuso nel comunicato di Banca MPS della vigilia di Natale, come il perseguimento di una finalità dichiaratamente ‘egoistica’.

La Fondazione, in quanto socio di riferimento, avrebbe invece – secondo quell’appunto – un preciso dovere, ossia quello di approvare l’aumento di capitale con esecuzione immediata che, secondo quell’impostazione, coinciderebbe con l’interesse generale. Anche se questo comporterebbe di fatto l’azzeramento del valore della propria partecipazione e conseguentemente del proprio patrimonio. Se in questo dovesse consistere il nostro dovere, qui dovremmo parlare non di conflitto di interessi, ma semmai di conflitto di doveri. Infatti, proprio perché non siamo un azionista che del proprio denaro può fare quel che vuole, ma siamo piuttosto esponenti dell’organizzazione delle libertà sociali come ha detto la Corte Costituzionale, e dobbiamo perseguire scopi di utilità sociale, per noi la tutela dell’integrità del patrimonio non è un optional e dunque abbiamo un preciso dovere: quello di assicurarne la sopravvivenza. Quindi il dovere dell’azionista di riferimento – ammesso (e ne dubitiamo) che un dovere del genere esista – cede comunque il passo all’indiscutibile dovere che abbiamo come amministratori della Fondazione: detto in parole povere, non potete chiederci di fare crollare proprio noi l’edificio che ci è stato affidato dalla legge.

Questa è la ragione del nostro preannunciato voto contrario alla deliberazione di esecuzione immediata dell’aumento di capitale. L’accelerazione dell’operazione si è rivelata comunque dannosa per l’interesse di tutti gli azionisti e della Fondazione in primis: la forsennata campagna mediatica a cui tutti abbiamo assistito ha colpito duramente il corso del titolo e con esso tutti noi. Osservatori forse non del tutto neutrali hanno rilanciato continue dettagliate informazioni – ancorché non necessariamente veritiere – non ultimo sulla soglia del cosiddetto prezzo trigger che avrebbe comportato l’escussione dei pegni, facendo partire una simpatica caccia alla volpe decisamente poco sportiva, specie dal punto di vista della volpe.

Poco sportiva anche perché, quando si sa in anticipo che la volpe - ossia il principale azionista - non ha i mezzi per seguire l’aumento, la speculazione trova un’esca formidabile, data la quantità di azioni da collocare. E la speculazione c’è purtroppo stata, con una riduzione del prezzo di oltre il 20% che ha danneggiato inevitabilmente tutti gli azionisti della Banca e che ha portato la Fondazione a richiedere più volte l’intervento della Consob a tutela di tutti gli operatori, al fine di individuare eventuali comportamenti atti a turbare e condizionare il regolare funzionamento dei mercati. Abbiamo compreso quali sono le ragioni per cui gli Amministratori della banca credono che sia non solo conveniente, ma essenziale per la riuscita dell’aumento di capitale, che questo venga eseguito già a partire da gennaio. Apprezziamo l’opportuna prudenza degli Amministratori riguardo ai rischi legati al seppur limitato posticipo temporale dell’aumento da noi proposto. Permetteteci però di notare che si sono tuttavia visti in questi mesi effettuarsi con successo aumenti di capitale di banche di altri Paesi europei in contesti nazionali e di mercato difficili, anche più del caso italiano.

Aumenti che avevano elevati target da raggiungere in termini di sottoscrizione da parte del capitale privato, e che hanno comunque trovato consorzi di garanzia pronti a sostenerli. Andando indietro nel tempo all’ultimo trimestre del 2011, abbiamo visto anche banche e istituzioni finanziarie più piccole della nostra portare a termine aumenti di capitale, per un ammontare comunque superiore alla loro capitalizzazione di borsa, con consorzi di garanzia costituiti per scadenze lunghe, anche dopo le devastanti prime analisi EBA sui fabbisogni di capitale delle banche nazionali e nel bel mezzo della tempesta dello spread BTP-Bund. E’ quindi veramente molto difficile pensare che il terzo gruppo bancario italiano non riesca a trovare nella seconda finestra, dal maggio 2014, un consorzio di banche in grado di sostenere l’aumento, oltretutto disponendo di una generosa dotazione di commissioni. E’ ancor più difficile pensare che la realizzazione dell’aumento non sarebbe concretamente più facile se il suo più rilevante azionista, attualmente impossibilitato - come è noto - a seguire l’aumento, avesse nel frattempo realizzato un’importante discesa nella propria quota di partecipazione. D’altronde, l’indicazione temporale dettata dalla Commissione Europea, che prevede che l’aumento di capitale si chiuda entro il 2014 (e al limite entro il primo trimestre 2015), ha tenuto conto di tali aspetti, privilegiando comunque, nella complessità della situazione contingente, la necessità di individuare le migliori modalità e tempistiche per un positivo completamento dell’operazione per la Banca e per tutti gli stakeholder. Sono quindi ormai chiari a tutti, come è spiegato nella relazione della Fondazione, i motivi che hanno portato l’Ente a chiedere una deliberazione che confermi il pieno appoggio all’aumento di capitale, da eseguirsi però a partire dal maggio del 2014. Per dare corpo alla tesi del conflitto di interessi che opporrebbe il socio Fondazione alla società, si è in vario modo, anche nell’appunto reso pubblico dalla Banca, declinato il rischio di nazionalizzazione, che deriverebbe dall’ingresso dello Stato nel capitale di Banca MPS. Dobbiamo mettere in chiaro, anzitutto, che la Fondazione, così come tutti gli azionisti, subirebbe danni irreparabili dalla conversione in azioni dei titoli sottoscritti dal Governo.

Mentre la banca, detto per inciso, continuerebbe ad esistere. La Fondazione ha valutato quindi con grande attenzione questo scenario che, sulla base della normativa vigente, si potrebbe verificare solo su specifica richiesta da parte degli Amministratori della Banca. E gli Amministratori vi sarebbero costretti comunque non prima degli inizi del 2015, verificata la definitiva impossibilità di effettuare l’aumento di capitale o anche prima nell’ipotesi in cui risultasse compromesso l’equilibrio economico della Banca; ipotesi che ad oggi, alla luce delle informazioni rese disponibili al mercato, non sembra essere prevedibile. La proposta del Consiglio di Amministrazione della Banca non ha oggi alcuna possibilità di essere approvata e, come detto sopra, la Fondazione ha il dovere ineluttabile di votare solo ed esclusivamente la propria proposta di aumento con esecuzione differita di alcuni mesi.

Se non passasse la proposta della Fondazione – che in ogni caso rappresenta già una mediazione - si dovrebbe convocare una nuova assemblea straordinaria. L'Ente, infatti, avrebbe potuto semplicemente limitarsi a votare contro la proposta del Consiglio anziché farsi carico responsabilmente di una proposta alternativa, che tenga ferma comunque l'operazione di aumento del capitale progettata dalla banca. Ribadiamo quindi che se oggi si delibererà l’aumento di capitale, questo potrà avvenire solo secondo la proposta di aumento presentata dalla Fondazione".

"L’assemblea di Banca Mps ha rappresentato un passaggio sofferto e tumultuoso che lascia aperte problematiche enormi -interviene Simone Bezzini, presidente della Provincia di Siena- da un parte l’esigenza di portare a compimento il percorso di riposizionamento della Banca e dall’altra la tutela del patrimonio residuo della Fondazione.

Sarebbe stato auspicabile che si fosse trovata prima dell’assemblea una soluzione condivisa per il bene dei soggetti interessati, della comunità senese e del Paese. Purtroppo non è stato così e questo a mio avviso rappresenta una grande sconfitta per tutti. Mi auguro che, nei prossimi giorni, ognuno faccia uno sforzo straordinario per riannodare i fili spezzati, agendo con grande senso di responsabilità per evitare ulteriori e dannose destabilizzazioni. Resta il rammarico che se gli attori, direttamente o indirettamente interessati, a partire dalle istituzioni nazionali, avessero assunto piena consapevolezza due o tre mesi fa dei nodi emersi in questi giorni forse oggi non ci saremmo trovati in questa situazione".

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