E’ una specie di Google maps dei luoghi nei quali hanno vissuto gli inglesi e degli americani nel loro soggiorno a Firenze tra Ottocento e Novecento il suggestivo libro di Claudio Paolini A Sentimental Journey. Inglesi e americani a Firenze tra Ottocento e Novecento. (edizioni Polistampa, 152 pagine, 12 euro). Sono infatti censite le sedi frequentate da quella vivacissima comunità di stranieri, soprattutto artisti e letterati (le schede sono 114) che, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, giunsero a Firenze per studiare l’arte e la letteratura italiana e trarne ispirazione per la loro opera. La pubblicazione è la numero 38 della collana dei Quaderni del Servizio Educativo della Soprintendenza per i Beni Architettonici Paesaggistici Storici Artistici ed Etnoantropologici (bapsae) per le Province di Firenze, Pistoia e Prato, edita dal 2004 grazie al determinante contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.
In questo caso hanno collaborato alle ricerche, che sono alla base del vasto materiale raccolto, il Museo Horne e l’associazione Friends of Florence: il primo, significativa testimonianza di un importante lascito straniero; la seconda, prezioso sodalizio che opera in continuità di spirito con gli stranieri fiorentini d’elezione. Il volume, che sarà distribuito gratuitamente alle scuole, alle università, agli istituti di cultura, sarà presentato sabato 12 ottobre alle ore 17 al Museo Horne (Via dei Benci 6) che, nell’occasione, aprirà in orario pomeridiano (16,30-20,00) la mostra “Horne & Friends.
Firenze un sogno da salvare”. Interverranno la Soprintendente bapsae Alessandra Marino, il Presidente della Fondazione Horne Antonio Paolucci, il Vice Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini, lo storico dell’arte Carlo Sisi. ‘A Sentimental Journey’ (il titolo si richiama all’omonima opera di Laurence Sterne, pubblicata nel 1768 e tradotta da Ugo Foscolo col titolo ‘Viaggio sentimentale di Yorik lungo la Francia e l’Italia’) è una minuziosa ricostruzione dei luoghi nei quali hanno abitato alcuni dei più illustri ‘turisti’ del periodo, arricchita da mappe e vedute fiorentine tratte da rare pubblicazioni in lingua inglese.
Si scopre così dove hanno soggiornato Oscar Wilde e Charles Dickens, dove Hawthorne ha scritto ‘Il fauno di marmo’ o in quale laboratorio Hiram Power ha scolpito la statua di Benjamin Franklin che oggi troneggia nel palazzo del Senato americano. E ancora: da quali scorci e vedute hanno tratto ispirazione per i loro capolavori D.H. Lawrence, John Ruskin e William Wordsworth. Ma Firenze era assai appetibile anche per altri motivi, alcuni dei quali possono oggi apparire decisamente inconsueti.
Li svela l’autore ricordando che, certamente, il soggiorno fiorentino era innanzitutto motivato dal desiderio di vedere ciò che si era studiato in Patria e per affinare la conoscenza della lingua, attratti dal forte richiamo di Dante e Boccaccio. Ma, scrive Paolini, Firenze ‘‘era celebre anche per il gran numero di modelle che, a detta degli artisti, erano le più belle che si potesse desiderare’’. Un'altra qualità, che certo stupisce se letta guardando alla situazione odierna, era il clima della città, considerato ideale per alleviare alcune malattie, come raccontano Luisa Grace Bertolini, il pittore John Spencer Stanhope, Mark Twain, William Turner, Herbert Horne e David Herbert Lawrence, questi ultimi due sofferenti di tisi.
Gli alberghi sull’Arno ospitavano molti malati cronici e, per non disturbare il loro riposo, l’amministrazione comunale copriva il tratto di strada antistante di sabbia per attutire il rumore provocato dal passaggio dei barrocci. Scopriamo che Firenze era anche la città del divertimento, della buona cucina, dei salotti, oltreché della tolleranza e della riservatezza. La comunità angloamericana praticava assiduamente lo spiritismo, trasferito sull’Arno da New York e da Londra. Ma altre due particolarità la rendevano imbattibile: un mondo antiquario di primissimo livello che consentiva di arricchirsi allo straniero benestante e la possibilità, per gli esponenti del ceto medio, di mantenere un tenore di vita a cui erano abituati in patria, ma con una spesa decisamente inferiore.
Si potrebbe quindi parlare di una città low cost ante litteram, sulla cui dimensione vale la pena riflettere, valutando cosa oggi questa stessa città offre al ‘turista’ moderno.