FIRENZE - La bellezza, concetto estetico dalle implicazioni filosofiche, che dà la cifra della grandezza di una civiltà, quale fu appunto l’Italia rinascimentale, autentico faro culturale europeo, dove l’ingegno dell’uomo si poneva al grazioso servizio della causa umanistica; uomini di stato e di armi, filosofi, liberi pensatori, ma anche architetti, pittori, scultori, accomunati dalla volontà di riscoprire l’epoca classica con i suoi canoni estetici che Platone ebbe l’ardire di estrapolare dall’arte per immetterli nella politica, nella morale, nel senso comune.
Dall’inizio del Quattrocento, il pensiero classico tornò d’attualità, l’uomo tornò a essere il centro della vita quotidiana, soggetto razionale e responsabile non più sottomesso ai voleri del fato. Di questa sublime epoca storica, è specchio mirabile Sculture del Rinascimento - Dipinti di antichi maestri - Arti decorative - organizzata dall’antiquario fiorentino Giorgio Baratti nelle prestigiose sale del Westin Excelsior di Firenze -, una piccola mostra che è un autentico livre de chevet del Rinascimento, ripercorrendo in circa cinquanta opere esposte tre secoli di storia artistica, sociale e politica italiana.
Un nucleo di opere esposte al pubblico per la prima volta, provenienti da collezioni private acquistate da Baratti nel corso degli anni. Nonostante il suo prestigio, la mostra ha una durata limitata nel tempo, dal 5 al 13 ottobre, ed è visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 20,30, a ingresso libero. Proprio il suo carattere fugace, nelle intenzioni dell’antiquario fiorentino, vuole essere un richiamo per i visitatori, affinché i veri estimatori della bellezza abbiano la possibilità di ammirare da vicino capolavori, fra gli altri, di Guido Reni, Francesco Guardi, Pietro Della Vecchia, Vincenzo Danti. Saggia e beata età quella che va dall’ultimo scorcio del Trecento alle soglie splendide e tristi del Manierismo; a questo lungo periodo appartiene il nucleo principale delle opere, valorizzate anche dal discreto ma elegante allestimento di stampo museale.
Esposte anche tele del Settecento, in particolare due nature morte e due paesaggi, con questi ultimi a dare la cifra della bella suggestione che l’Italia esercitò negli anni epici dei Grand Tour. Fra i numerosi capolavori in mostra, ci soffermiamo sui busti in terracotta di Francesco Sforza, eseguiti dal Filerete, che effigiano il colto sovrano che seppe fare del Ducato milanese una potenza europea. Sulla stessa linea umanistica, la statua in terracotta dell’Apostolo assiso, realizzata da Vincenzo Danti, il cui volto pensoso e barbuto riporta alla mente un novello Socrate.
Una scultura concettualmente classica, tale non soltanto dal punto di vista estetico, con l’Apostolo raffigurato quale uomo non scevro di rigore morale (quel mos maiorum di ciceroniana memoria), vero uomo del Rinascimento non ancora caduto vittima di quel pessimismo che indurrà Machiavelli a tratteggiare il suo Principe. Pessimismo che, in questo ideale percorso di storia artistica e sociale, permea anche le opere del quacchero Alessandro Magnasco, qui presente con l’attribuito Paesaggio con assalto di briganti, opera nella quale la solenne magnificenza della Natura sembra essere l’unica Arcadia dove cercare scampo dalla violenza e la malvagità dell’uomo.
Infine, colpisce per intensità la bellezza delle nature morte, sfarzoso trionfo del mondo vegetale la cui opulenza di coloro è pari all’opulenza delle tavole aristocratiche sulle quali quei frutti troneggiavano alla fine di ogni pranzo. Frutti in gran parte antichi, e che ancora oggi suscitano curiosità per un patrimonio agro-alimentare che è a buon titolo parte della cultura del nostro Paese. Con questa mostra, Baratti concepisce l’arte quale un mezzo per rendere ognuno partecipe della bellezza, che è un concetto basilare per qualsiasi civiltà.
Dalla bellezza scaturiscono quelle riflessioni sulla base delle quali negli anni Venti, Gabriele D’Annunzio espresse il seguente pensiero: “Una nazione sarà grande per quanto il popolo e si suoi politici sapranno amare quella stessa nazione”. Difficile non pensare alle sconfortanti condizioni in cui versa l’Italia, sfregiata dalla speculazione edilizia, dall’inquinamento delle ecomafie, abbandonata a sé stessa da una classe politica corrotta e non all’altezza dei propri compiti. Riscoprire a capire il bello.
A questo mira la mostra - a cui fa da completamento il bel catalogo curato dal Professor Giancarlo Gentilini -, organizzata da Baratti, antiquario della vecchia scuola che offre alla visione del grande pubblico un’importante collezione che dal Rinascimento arriva al Settecento. Il primo, è il frutto più autentico dell’ingegno italico, del quale oggi si conservano innumerevoli testimonianze letterarie e artistiche, un patrimonio che rende unico il nostro Paese, ma che ancora oggi non è pienamente valorizzato.
Lo scopo della mostra, è di far tornare negli italiani che la visiteranno, l’amore per il proprio Paese, per quella sapienza che si è formata nei secoli grazie ad artisti, sovrani illuminati, pensatori, ma anche artigiani, operai, contadini. Questa era l’impalcatura del Bel Paese amato da generazioni d’intellettuali stranieri, e cha ancora oggi può essere la chiave di volta fondamentale per superare la crisi, economica ma anche sociale, che stiamo attraversando. di Niccolò Lucarelli