La Regione ha rinnovato la legge sulla partecipazione che la Toscana, cinque anni fa, prima tra le Regioni in Italia, ha approvato, seguita tre anni più tardi da un’esperienza simile in Emilia Romagna. Una legge a scadenza, che ne è un altro tratto innovativo, scritta in modo partecipato e che il Consiglio regionale ha giustappunto rinnovato oggi. Soddisfatto l’assessore alla presidenza e alla partecipazione, Vittorio Bugli. “La democrazia partecipativa in Toscana è di casa e vogliamo continuare a scommetterci – commenta – Democrazia rappresentativa e partecipativa sono due facce di una stessa medaglia e la seconda può aiutare le istituzioni e la politica a prendere le migliori decisioni o comunque a fare scelte più condivise”.
Corollario non scontato, ma che in Regione in Toscana è ben presente da almeno cinque anni. Dibattito pubblico obbligatorio e autorità collegiale – Si prosegue dunque sul solco già tracciato. A dicembre il consiglio regionale, dopo un’attenta e lunga valutazione, aveva espresso un giudizio complessivamente positivo suglie effetti della legge. Ma ci sono anche importanti novità, pensate per risolvere qualche criticità che è pur emersa. Quella più grande è di rendere il dibattito pubblico, già ora possibile, obbligatorio per tutte le opere di interesse regionale a partire da 50 milioni.
Un po’ come avviene in Francia: il modello che più ha ispirato cinque anni fa la Regione, in una legge che è comunque anche molto toscana. L’Autorità indipendente da monocratica diventa inoltre collegiale, con un più diretto ruolo del Consiglio regionale. Sotto i cinquanta milioni spetterà all’Autorità indipendente decidere se attivare o meno un dibattito pubblico, oppure, per progetti che non hanno una rilevanza per tutta la comunità toscana, scegliere di sostenere un processo partecipativo locale.
Come era già adesso, ma con procedure più semplicie paletti ben chiari. Nessun ritardo, anzi – C’è chi teme che questo possa allungare i tempi di realizzazione delle opere. Tutt’altro, secondo l’assessore. “La democrazia partecipativa – commenta Bugli – può aiutare le istituzioni a far prima e meglio, discutendo prima anziché dopo, anticipando lo stallo e i ritardi di una contestazione, discutendo tutte le opzioni e individuando magari nuove soluzioni. Di più: può offrire alla politica un canale di ascolto dei cittadini”.
Di norma il dibattito pubblico si svolgerà quando di un intervento sono ancora possibili tutte le diverse opzioni. Partecipazione in rete – La nuova legge prevede anche un più esteso uso delle nuove tecnologie e una ‘piattaforma informatica’ per rendere più facile il confronto. “Nel mondo dei social network era giusto tenere conto – dice l’assessore -, anche se la democrazia partecipativa, come sanno bene gli esperti, non si fa solo su internet o a colpi di click. Deve essere informata, si fonda sul confronto e sul dialogo, e si tratta di processi molto più complessi e che utilizzano più strumenti”.
“La partecipazione inoltre – precisa ancora Bugli – viene prima e non si sostituisce alle istituzioni, che ascoltati i cittadini legittimamente assumono poi le loro decisioni Certo se le decisioni sono più condivise, è più facile poi evitare conflitti imbarazzanti”. Dopo agosto l’assessore annuncia anche un evento in cui saranno raccontati alcuni dei processi partecipativi svolti in quattro anni e aperta una discussione aperta su come fare a entrare nella nuova fase della legge.