L'Opificio delle Pietre Dure è già un'eccellenza toscana e nazionale nel settore del restauro e della conservazione dei beni culturali, ma ora grazie all'impulso della Regione Toscana in accordo con il Mibac e il Cnr sarà candidato a livello europeo per guidare una struttura di ricerca di competenza internazionale. L'Istituto la cui sede storica si trova in via Alfani a Firenze ospita una delle più prestigiose scuole di Alta Formazione nel restauro ha da molti anni fatto dell'innovazione tecnologica e della ricerca scientifica coniugata alla maestria del lavoro artigianale il suo fiore all'occhiello.
Ora però potrà ambire a un ruolo ancor più prestigioso e internazionale aderendo a uno dei progetti finanziati dall'Ue. A darne notizia oggi è stata l'assessore Cristina Scaletti. “La Regione Toscana, anche attraverso consistenti finanziamenti, ha fortemente sostenuto, in stretto rapporto con il ministero per i Beni culturali e con i suoi istituti in Toscana, con il CNR e con l’Università, la ricerca nel settore delle tecnologie per il restauro, la conservazione e la valorizzazione.
Il lavoro fatto in questi anni ci consente oggi di candidare l’Opificio, nell’ambito del programma Horizon 2020, al coordinamento di una struttura di ricerca europea per i beni culturali, portando a compimento ciò che si è aggregato attorno a vari progetti finanziati dall’Unione Europea, grazie all’impegno diretto del segretario generale del ministero Pasqua Recchia”. “Per dar seguito a questo obiettivo – ha spiegato l’assessore – è stato messo a punto il testo di un’intesa fra MiBAC, Regione Toscana e CNR che è in questi giorni in corso di approvazione per far convergere impegni e volontà affinché l’Europa riconosca all’Opificio ed al sistema di ricerca che attorno ad esso si è strutturato il ruolo di leader nella conservazione e valorizzazione dei beni culturali”. L’intreccio tra ricerca scientifica e quotidiano operare degli “artigiani” restauratori fa parte, storicamente, del dna dell’Opificio.
Intreccio tanto più efficace quanto più ampia è la rete degli istituti di ricerca che sono coinvolti e che cooperano tra di loro. La rete degli istituti di ricerca è incentrata sulla cooperazione tra il laboratorio scientifico dell’Opificio e gli istituti del CNR e delle università di Firenze, Pisa, Siena, Perugia, Bologna, dell’ENEA di Roma, ma comprende anche un ricco tessuto di imprese, capaci di integrare tecnologie avanzatissime e straordinaria manualità artigiana. “La connessione tra l’Opificio, il sistema della ricerca ed il sistema delle imprese – ha sottolineato Scaletti e come è stato ricordato al convegno – riveste grande importanza in Toscana.
Oltre che come presidio del nostro patrimonio, a cui è legata buona parte dell’economia della regione, anche come settore d’impresa, rilevante in termini di occupati e di produzione di valore aggiunto. La capacità di far interagire queste diverse dimensioni e competenze è stata la chiave che ha consentito, ad esempio, di affrontare la drammatica emergenza determinata dall’alluvione del 1966, i cui effetti, in qualche misura, ancora persistono. Ma quella drammatica emergenza è stata anche una straordinaria spinta all’innovazione di un sistema che fino a quel momento era ancora a livello poco più che artigianale e che oggi ci consente di disporre di strumenti avanzatissimi nell’opera difficile della tutela e della conservazione di un patrimonio unico al mondo”. Note Storiche su l'Opificio delle Pietre Dure: L'Opificio delle Pietre Dure (noto anche con la sigla OPD) è un Istituto autonomo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, (Segretariato generale) la cui attività operativa e di ricerca si esplica nel campo del restauro delle opere d'arte. L'Istituto ha origini composite, frutto di una antica e illustre tradizione e di una moderna e articolata attività, già evidenti nella sua insolita denominazione, Nato per volere di Ferdinando I de' Medici, come manifattura per la lavorazione di arredi in pietre dure, l'Opificio venne trasformando la sua attività lavorativa, negli ultimi decenni del secolo XIX, in attività di restauro, prima dei materiali prodotti durante la sua plurisecolare storia, per poi ampliare la propria competenza verso materiali affini. In seguito alla grande catastrofe dell'alluvione del Novembre 1966 e alla legge istitutiva del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 1975, vennero fusi in unica entità l'antico Opificio mediceo ed il Laboratorio restauri della Soprintendenza, tra l'altro il vero protagonista dei restauri dell'alluvione.
A questo nucleo furono annessi i laboratori minori sorti in seguito all'emergenza dell'alluvione.