Nell'ambito dell'attività di contrasto all'evasione fiscale, nel 2010 il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Lucca aveva avviato una verifica fiscale nei confronti di una società di Viareggio (LU), operante nel settore della costruzione di imbarcazioni di lusso, in particolare velieri considerati di eccellenza a livello mondiale, durante la quale erano emersi collegamenti tra la società versiliese e ramificazioni del gruppo consistenti in una vera e propria holding lussemburghese. L'indagine sulla società si estendeva a quel punto ad altre società operanti in molteplici settori (nautico, cartario, biomedicale, immobiliare e meccanico) tutte riconducibili ad un esponente della predetta società.
Ciascun settore operativo risultava far capo ad una holding di diritto lussemburghese. Tutte le holding si ricollegavano poi alla medesima società fiduciaria in Rue Beaumont, nella capitale [nella foto]. Le connessioni con holding estere non sono di per sé considerate illecite dal nostro ordinamento giuridico, a meno che non si dimostri che tali strutture vengano create per eludere in tutto o in parte il pagamento delle tasse in Italia. Sotto la direzione del Pubblico ministero della Procura di Lucca, le Fiamme Gialle hanno disvelato che la direzione ed il controllo di tutte le società lussemburghesi avvenivano direttamente dagli uffici di Viareggio, contrariamente alle apparenze documentali che, invece, lasciavano intendere che le società estere fossero amministrate autonomamente fuori confine. Mediante attività tecniche, inclusa l'analisi di computer forensic delle comunicazioni telematiche, è apparso evidente il controllo dall'Italia, ed in particolare da Viareggio, delle società lussemburghesi, da considerare a quel punto "estero-vestite", ossia costituite ad hoc per ottenere anche indebiti benefici fiscali. Nei personal computer della sede italiana venivano infatti individuate e acquisite le evidenze di ciò che effettivamente avveniva: da Viareggio partivano disposizioni di dettaglio sulle scelte strategiche dell'intero gruppo, sulle modalità della gestione finanziaria delle stesse società lussemburghesi, arrivando persino a indicare agli stessi formali amministratori esteri gli importi , le date, i mittenti e i destinatari di bonifici; tutti elementi posti a fondamento della ipotesi investigativa che le società lussemburghesi erano da considerarsi di fatto residenti in Italia e quindi soggette alla normativa tributaria del nostro Paese. L'indagine della Procura si è estesa anche in territorio lussemburghese, dove il Comando Provinciale di Lucca ha eseguito, tramite richiesta di rogatoria internazionale, con la collaborazione della polizia giudiziaria del granducato del Lussemburgo, perquisizioni locali presso le società con sede in Rue Beaumont, nella capitale del Granducato. I documenti originali acquisiti hanno consentito alla Procura di Lucca di indagare per "omessa dichiarazione" di oltre 80 milioni di euro, 10 soggetti di cui 8 domiciliati fiscalmente in Lussemburgo. Il Nucleo di Polizia Tributaria di Lucca, utilizzando ai fini amministrativi le risultanze dell'indagine penale, ha poi eseguito 15 verifiche fiscali, che hanno quantificato un recupero a tassazione in Italia di una base imponibile di circa 112 milioni di euro, a cui corrispondono 36 milioni di imposte dirette da pagare. Tale importo è frutto, in buona parte, di una duplice cessione di partecipazioni, per complessivi 378 milioni di euro, eseguita tra alcune delle società "estere" al vertice della holding relativa al settore navale, finalizzata alla rivalutazione - da 15 a 200 milioni circa - delle società verificate. Al termine di un complesso giro delle partecipazioni, all'interno delle società della holding lussemburghese, si sono infatti realizzate due plusvalenze di 185 milioni e di 193 milioni di euro, che hanno beneficiato della totale esenzione da imposte, grazie alla favorevole normativa lussemburghese, mentre in Italia il 16 % sarebbe stato tassato all'aliquota ordinaria dell'IRES (33% nel 2007), ottenendo un risparmio di imposte quantificato, per questa sola operazione, in circa 20 milioni di euro. A conclusione delle indagini penali è stata proposta la confisca per equivalente di quote e azioni societarie nella disponibilità di un esponente della società, sino alla concorrenza di 26 milioni di euro.