E’ datato 19 giugno 1893 l’autografo di Giacomo Puccini rinvenuto a Lucca, che riscrive la storia di uno dei successi più grandi del compositore lucchese, ancora oggi tra i più eseguiti nel mondo: La Bohème. Il foglio, scritto sul fronte e sul retro, presenta gli schizzi del maestro per il I atto dell’opera e alcuni che verranno invece utilizzati nel III quadro, in cui si parla della malattia mortale di Mimì. Schizzi in cui, a fianco di brani che verranno poi scartati, si trovano già tantissime idee di quella che diventerà la Bohème che conosciamo oggi e che datano la prima stesura dell’opera un anno prima di quanto si era pensato sino ad ora.
L’autografo verrà dato in comodato gratuito per 10 anni alla Fondazione Giacomo Puccini e sarà esposto nella Casa natale del Maestro, finalmente riaperta al pubblico nel settembre 2011 dopo essere stata acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e affidata in gestione alla stessa Fondazione Puccini, sotto la direzione di Gabriella Biagi Ravenni. Il manoscritto verrà presentato al pubblico sabato 15 dicembre al Teatro del Giglio di Lucca. All’incontro, alle ore 17.30, parteciperanno Virgilio Bernardoni, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Giacomo Puccini e Dieter Schickling, autore di Giacomo Puccini.
Catalogue of the Works, entrambi membri del Comitato scientifico della Fondazione Puccini, Bruno Bartoletti, direttore d’orchestra, e Nicola Luisotti, direttore musicale dell’Opera di San Francisco e del Teatro San Carlo di Napoli, entrambi membri dell’Albo d’oro del Museo Casa natale. La storia del documento è lunga e nota solo in parte. Di sicuro sappiamo che Puccini aveva l’abitudine di donare i suoi autografi. Almeno dall’inizio del Novecento, sapeva anche che si trattava di doni preziosi economicamente, e li dava in occasioni che gli stavano particolarmente a cuore.
Nel 1905, per esempio, in Argentina si prestò a firmare tantissimi autografi, proprio come i divi di oggi, perché fossero messi all’asta per beneficienza. Il documento ritrovato adesso, invece, fu donato a qualcuno, tanti anni dopo la sua stesura, con un biglietto di ringraziamenti firmato da Puccini, che è rimasto attaccato all’autografo per anni con una graffetta che ha lasciato su entrambi - lo spartito e il biglietto - un segno di ruggine. Finché, di recente, i due documenti sono stati separati ed oggi appartengono a due collezionisti diversi.
L’autografo è di proprietà di Antonio Giuseppe Naccarato, professore di Anatomia Patologica presso il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia all’Università di Pisa, da sempre grande cultore di tutto quanto è storico, mentre il biglietto è stato donato da Naccarato all’amico Angelo Rinaldi, direttore territoriale del Monte dei Paschi per la Provincia di Lucca. Adesso, dopo tanti anni, il foglio e il biglietto torneranno insieme, in mostra da gennaio 2013 presso la Casa natale di Puccini, a Lucca. “Della Bohème, sino ad oggi – spiega Gabriella Biagi Ravenni - si conoscevano pochissimi abbozzi.
Del I atto c’è un altro documento - una bozza del libretto oggi conservato al museo Illica di Castell’Arquato - su cui Puccini aveva tracciato qualche idea, ma sicuramente è posteriore al testo ritrovato. Così come due schizzi del IV quadro, datati con sicurezza 1895. Sappiamo inoltre che in quello stesso periodo, Puccini, portava avanti in contemporanea un altro progetto La lupa di Giovanni Verga, che poi abbandonò nell’estate del 1894, dopo un viaggio in Sicilia. E per questo si era sempre creduto che solo allora si fosse messo a comporre la Bohème.
L’autografo offerto al Museo, invece, anticipa tutto di un anno. Nel giugno del 1893, dopo aver ricevuto da sole due settimane, da Illica e Giacosa, la stesura del primo atto dell’opera, Puccini si era messo a scrivere subito per fissare le idee che gli venivano. E non solo aveva già in mente la melodia, ma anche l’armonia e, in certi casi, addirittura la strumentazione”. Nonostante la Manon Lescaut, rappresentata per la prima volta nel febbraio del 1893 al Teatro Regio di Torino, gli avesse portato un discreto successo, Puccini continuava a sentirsi profondamente bohémienne.
Dunque i personaggi che andava a rappresentare gli piacevano particolarmente. Il primo atto si apre alla vigilia di Natale, quando il pittore Marcello, che sta dipingendo il Mar Rosso, e il poeta Rodolfo cercano di scaldarsi con la fiamma di una caminetto che mantengono acceso bruciando le proprie sedie e, addirittura, il poema scritto da Rodolfo. “I temi bohémien – suggerisce la Biagi Ravenni - ci sono già tutti: sul fronte del foglio, sotto ad una sequenza di note, si legge ‘leitmotif di Rodolfo.
Oppure di Mimì. Buono ma credo vecchio’. Ed è interessante che quel brano, nella partitura definitiva, non l’abbia utilizzato. La prima intuizione, insomma, era stata quella giusta”. I brani passati nell’opera e quelli abbandonati vanno ancora studiati ed è quindi presto per trarne valutazioni definitive. Nella presentazione di sabato 15 dicembre, Bernardoni e Schickling faranno una prima descrizione del manoscritto, mettendolo a confronto con gli altri pochi abbozzi conosciuti sino ad oggi e alla partitura definitiva.
Analisi che verrà proposta leggendo gli schizzi al pianoforte. Un buon esempio è l'ultimo schizzo, tempo di valzer. Sicuramente Puccini pensò a usare un tempo di danza nel primo quadro (sia per i bohémiens, sia per l’accenno a Benoît che va al Mabille), ma poi non lo userà. Ci sarà poi un valzer nel II quadro. E l’abbozzo Tempo di valse sembra la base del brano del III quadro dove si parla della malattia mortale di Mimì. Il valzer (simbolo sonoro massimo dell’età borghese) con Bohème entra nell’immaginario pucciniano come fatto compositivo di prima importanza.
Questa è una delle grandi novità della Bohème ritrovata. Luisotti e Bartoletti, invece, un direttore emergente ed uno emerito, racconteranno se, e quanto, gli studi filologici siano utili anche agli interpreti. Da gennaio 2013, poi, l’autografo e il biglietto saranno in mostra presso la casa natale del compositore.