“Raccontare la storia di Giovanna d’Arco era un nostro desiderio. Ma come poter dire ciò che noi ci eravamo immaginate della storia, i fatti, i personaggi, i caratteri, i respiri, partendo comunque da elementi storici? Ecco dunque la scelta della forma: la narrazione. L’attore accompagna il pubblico dentro la storia, insieme la vivono come un viaggio, all’interno del quale l’attore tiene i fili di tutti i personaggi. Inevitabile uno sguardo preciso, una scelta , un giudizio, una posizione”. “Giovanna che immaginò Dio” è un canto in onore dell’immaginazione, della potenza creativa dell’essere umano.
Immaginare che qualcosa si realizzi, vederla realizzata nella mente, è già un modo per farla esistere. E l’attore non è forse colui che vede le cose che non esistono? E se le vede, e se attraverso il suo chiaro vedere, io le vedo, chi può dire che queste cose non esistono? Da qui la scelta della narrazione, da qui il lavoro su due binari: da una parte Giovanna, persona e personaggio che incarnò Dio e fece della sua vita una missione; dall’altra l’attrice che durante il monologo si fa “incarnare” da Giovanna e dà voce e corpo a lei e a tutti i personaggi di questa storia.
Il testo è nato dall’improvvisazione dell’attrice. Dopo aver raccolto materiale vario ( storico, poetico, teatrale ) sulla storia di Giovanna d’Arco,l’attrice ha cominciato a raccontare. La drammaturga ( Geppina Sica )ascoltava ascoltava e ascoltava.E prendeva appunti. E' stato fatto un lavoro drammaturgico , per trovare un percorso preciso che la storia doveva avere, ritmi, tematiche,immagini, riferimenti. Abbiamo capito e trovato quello che con questa storia volevamo raccontare e perché.
Poi, si è aggiunta la fisarmonicista che ha cominciato ad accompagnare il racconto con musiche della tradizione popolare . Abbiamo sospeso il progetto per un po',lo abbiamo ripreso dopo qualche anno.E ci siamo accorte quanto il nostro lavoro fosse ancora vivo, pronto a ricominciare il cammino,rinnovato. E' cambiato e cresciuto con noi che siamo cambiate e cresciute,con le nostre urgenze che sono diverse, coi nostri bisogni diversi, la nostra diversa quotidianità. Abbiamo trovato in questo progetto qualcosa che rimane, che cambia ma resiste,che dura ,fedele, una specie di stella polare che cerchi quando smarrisci la strada, tu puoi guardarla e ritrovi il senso.