"Non hanno senso le scelte della Regione Toscana in merito alla razionalizzazione della rete scolastica" questo il pensiero dell'Associazione Genitori Toscana: "Roma chiede di tagliare 8 scuole e la Toscana ne taglia – per ora - 24. Che le scuole sovraffollate siano più difficili da gestire è evidente, e allora come si può parlare di maggiore qualità dell’offerta formativa se la media richiesta dalla Legge 111/2011, che peraltro nessuna Regione raggiunge, è di 1000 alunni, mentre in Toscana si avrà addirittura una media di 1056 alunni per istituto scolastico? Perché gli alunni toscani debbono essere penalizzati rispetto ad esempio a quelli di Campania, Molise, Calabria, Sicilia e Puglia che hanno una media di circa 700 alunni per istituto? E per quale motivo Firenze, che già ha 8 istituti scolastici in meno di quanto previsto, con una media attuale di 1101 alunni, deve subire 7 ulteriori tagli? Può essere utile sapere che Torino ha 22 scuole più del consentito, Milano 42, Roma 60, Napoli 108, Bari 65, Reggio Calabria 35 e Palermo 57.
Certo non faranno scandalo i 4 istituti in eccesso nella provincia di Grosseto, che è montuosa e molto estesa, se a far da riferimento è la media regionale. “La continuità purtroppo è solo un mito –rileva Rita Manzani Di Goro, presidente dell’Associazione genitori A.Ge. Toscana- Negli ultimi dieci anni sono stati creati in Toscana 246 istituti comprensivi: ciò che è rimasto mal si presta a ulteriori verticalizzazioni e la proposta di razionalizzazione della Regione Toscana per l’a.s.
2012/13 ne è la prova: in più casi scuole confinanti sono state attribuite a istituti comprensivi diversi, uno dei quali si trova addirittura al di là di un fiume, le quinte elementari in uscita non hanno classi di scuola media a sufficienza per accogliere tutti gli alunni; a Porto S. Stefano la continuità è stata fatta con la media dell’Isola del Giglio, a un’ora di traversata”. Numerose famiglie saranno quindi costrette a iscrivere il figlio al di fuori dell’istituto di competenza, risultando così penalizzate nelle graduatorie.
La conseguenza sarà quella di restare esclusi dal tempo pieno o dal posto nella scuola materna: queste sono problematiche difficilmente riassorbibili per le famiglie e per il tessuto scolastico tutto. Ogni anno bacini di utenza e liste di attesa sono un dramma per tante famiglie, che si trovano nella condizione di non sapere come portare i figli a scuola: gente che lavora, che è costretta ad affidare i bambini ai nonni e per questo non può utilizzare la scuola assegnata in base alla residenza: dimezzare i bacini di utenza con la creazione degli istituti comprensivi non può che aggravare il loro disagio. “I dati, si noti bene, ci sono stati forniti anche dall’Assessorato regionale all’istruzione –prosegue Manzani Di Goro- Inutilmente abbiamo chiesto di essere coinvolti come genitori negli incontri preparatori, ai quali hanno partecipato soltanto Uffici scolastici, scuole ed Enti locali.
Sono rimaste escluse, fra gli altri, le Associazioni dei genitori, le quali avrebbero dovuto rappresentare la difficoltà delle famiglie rispetto agli orari, agli spostamenti, ai bacini di utenza, alla cronica mancanza di posti in certe scuole e alle liste di attesa. Inutilmente abbiamo telefonato, chiesto un incontro con la Vicepresidente, presentato un documento e alla fine, visto che ben 3800 firme consegnate dai genitori di Grosseto non avevano sortito alcun effetto, ci siamo affidati al web”. L’obiezione di A.Ge.
Toscana non riguarda gli istituti comprensivi in toto: nelle zone montane, per le quali sono nati, e nei paesi i comprensivi funzionano bene, anche per ché in genere sono piuttosto piccoli e il senso di appartenenza è più forte. Il problema è adattarli in città, soprattutto quando lo si fa con un mero calcolo ragionieristico e non riflettendo sulle scelte delle famiglie, sulla viabilità, su ostacoli concreti come un fiume o il mare. Soprattutto adesso che i comprensivi possibili sono stati già realizzati, le soluzioni che restano sono a dir poco fantasiose.
Nell’attuale piano di “razionalizzazione” della rete scolastica, sono state per il momento rinviate di un anno soluzioni estreme come dividere un edificio scolastico fra due diversi istituti comprensivi (ma lo si è già fatto in passato) e la creazione di maxi-istituti da 2000 alunni. “L’aspetto più preoccupante è che l’Assessore Targetti minaccia di andare ancora avanti, estendendo l’obbligo del comprensivo a tutte le 60 direzioni didattiche e scuole medie che rimangono” conclude Di Goro “Che senso ha questa ‘sindrome da primi della classe’? Alcune delle nostre province e altre regioni hanno bloccato tutto per un’applicazione graduale e ponderata, inoltre il Ministero ha accolto la tesi che non debba essere la singola scuola ad avere 1000 alunni, purché si rispetti la media regionale"