Una straordinaria occasione per percorrere due secoli di storia attraverso alcuni dei più importanti capolavori della storia dell’arte. Nel complesso monumentale di Santa Croce verranno ospitate alcune opere dei più significativi cicli pittorici della tradizione bizantina. In questo modo sarà possibile un eccezionale confronto diretto con gli affreschi custoditi all’interno della basilica fiorentina. La mostra, “Il ponte delle immagini”, sarà inaugurata ufficialmente domani, martedì 29 novembre 2011, alle 16.30, alla presenza del Ministro della Cultura della Repubblica di Serbia, Predrag Markovic, del’Ambasciatore in Italia Ana Hrustanovic e quello presso la Santa Sede, Vladeta Jankovic. Per un anno intero i tesori dell’arte bizantina, racchiusi nei monasteri serbi, patrimonio dell’umanità (UNESCO), guideranno i visitatori in un confronto tra due mondi: quello orientale e quello occidentale, che hanno segnato l’arte figurativa e il modo di raccontare la dimensione del divino e della vita quotidiana.
Non un’arte semplicemente figurativa ed estetica, ma un’arte didattica in grado di comunicare messaggi e valori evangelici e tradizionali. Testimonianza tangibile dei legami ininterrotti e gli influssi reciproci, verificatisi, grazie al comunità latine, tra la costa adriatica orientale e il retroterra slavo dei Balcani centrali, gli affreschi presentano rimarchevoli similitudini che riflettono le notevoli radici comuni alla cultura italiana e serba nel Basso Medioevo. L’esposizione in Santa Croce e il confronto con i cicli pittorici della grande scuola fiorentina permetterà un viaggio di collegamento tra aree geografiche e culturali rimaste sorelle per origine e modalità di trasmissione della spiritualità cristiana. Attraverso forme di narrazione basate sulla forza delle immagini venne sviluppata una ‘tecnica’ di comunicazione in cui architettura, forme, colori e liturgia definivano un particolare spazio per l’esperienza interiore e spirituale del sacro. Ricostruire quel ponte che per secoli ha unito le sponde di quel Golfo di Venezia, oggi mare Adriatico, ci porta a camminare a ritroso verso le origini di modelli figurativi che formavano una grande lingua comune e una psicologia comune.
Un linguaggio non strumento per la riflessione estetica, ma veicolo verso dimensioni poste al di là della percezione sensibile. Quella degli affreschi nelle chiese e nei monasteri cristiani tra il XIII e il XIV secolo è stata una modalità di scrittura che rendeva questi luoghi grandi enciclopedie di pietra nelle quali potersi immergere accolti dal logos e da immagini che a quello rimandavano: una biblia pauperum composta con materiali poveri e per i poveri di studi, di spirito, di esperienza.