In prima Toscana, sabato 5 e domenica 6 novembre, Paolo Poli inaugura il cartellone 2011/2012 del Teatro Politeama Pratese con Il Mare, tratto dai racconti di Anna Maria Ortese. Questi racconti, composti nel lungo arco di tempo che va dagli anni trenta ai settanta, affiancando la produzione dei grandi romanzi, riflettono sorprendentemente la complessa personalità della autrice. Storie quasi senza storia che dipingono una realtà tragica come attraverso un sogno. Spesso sono stati paragonati al fantastico viaggio dantesco nell'aldilà.
Ad una rilettura odierna sembrano piuttosto rievocare la teatrale tenerezza del Tasso o la cinematografica leggerezza dell'Ariosto. Gli avvenimenti narrati sono vistiattraverso il ricordo struggente: l'infanzia infelice ma luminosa, l'adolescenza insicura ma traboccante, l'amore sfiorato ma mai posseduto. Sentimenti che ricordano il dispettoso rifiuto di Kafka e le illuminazioni improvvise di Joyce. Figure e figurine di una "italietta" arrancante nella storia dove le canzonette fanno la parte del leone.
Accanto a Poli gli attori che da sempre lo accompagnano in un tipo di teatro personalissimo. Le scene del grande Luzzati enfatizzano la pittura novecentesca. I costumi fantasiosi di Calì sorprendono ancora una volta. Le musiche di Perrotin persuadono arditamente. Insomma, una nuova produzione della premiata ditta Sorrisi e Veleni. Il mare, che fa parte della raccolta Il mare non bagna Napoli e da altre storie, è una cavalcata fra canzoni, balletti, assolo, prese in giro, giochi di parole, doppi e tripli sensi che con l'aiuto dei suoi quattro boys che si trasformano assai spesso in girls, coprono quarant'anni della storia del nostro Paese - dagli anni Trenta ai Settanta - con storie di piccola gente che insegue l'amore, il lavoro, che cerca un modo mai violento per cercare di rendere la vita dura che gli è toccata in sorte, meno dura.
Che è poi la personale "via" di Poli per dire la sua sui 150 anni di vita dell'Unità d'Italia, di cui assume addirittura le fattezze, sia pure prendendone solo uno spicchio. Dentro le scene multicolori firmate da Emanuele Luzzati anni fa e che accompagnano da tempo gli spettacoli dell'artista fiorentino, piccoli mondi di cartapesta in cui si evidenziano i costumi azzeccatissimi di Santuzza Calì, Poli ci rappresenta un quotidiano difficile da accettare, con uno sguardo mai corrivo, inquietante e sorridente allo stesso tempo, che esalta quel suo modo originale di fare spettacolo di cui è protagonista da sessant'anni.
Ecco le battute fulminanti, i gesti inequivocabili e gli altrettanto inequivocabiliammicchi, ma senza mai perdere di vista quel divertimento leggero, quell'umanità indulgente che sta da sempre alla base del suo stile. Cambiando come il trasformista Leopoldo Fregoli abiti, parrucche, cappelli e addirittura sesso, con un teatro en travesti mai baraccone, ma di grande finezza e intelligenza, Poli riempie i suoi personaggi, quasi sempre femminili, di un'umanità stralunata e inquietante, di una delicata comprensione, senza identificarsi in loro, anzi osservandoli dal di fuori per meglio riprodurli. I quattro boys - Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco - tutti assai bravi, sono i compagni che Poli si è scelto in questo suo viaggio che spazia fra canzoni come Si fa ma non si dice e Come prima: viatico per un viaggio non facile anche se messo in piedi con la consueta, divertente, intrigante leggerezza. Uno spettacolo che si snoda con intelligenza autoironica in ogni parola, inogni nota, in ogni parrucca cambiata, nei turbanti e nei cappelli dalla grande ala, negli abiti da sera da soubrette fatalona e negli straordinari bis finali, che lo rendono unico e inimitabile.