C'era molta attesa da parte di organizzatori ed addetti ai lavori di saggiare dal vivo l'ultimo talento emergente del rock britannico e curiosità di misurare la risposta del pubblico fiorentino. Diciamo subito che il concerto di Anna Calvi è stato esaltante: ha giustificato una fama repentinamente acquisita deliziando un pubblico accorso numeroso a stipare il Viper Theatre. Ad aprire le danze ci pensano i François and the Atlas Mountains, un grazioso quartetto d'oltralpe autore un pop raffinato, a tratti malinconico, sostenuto da una buona dose di elettronica, tastiere e percussioni. Sono la prima band francese ad aver firmato per la Domino, la stessa label della Calvi, per la quale pubblicheranno il loro imminente terzo album. A scaldare definitivamente gli animi, ancora infreddoliti dalla ventosa serata autunnale, ci pensa poi lei, la giovane cantautrice inglese. Anna Calvi, classe '82, padre italiano, è una presenza magnetica.
Gli occhi degli spettatori si fissano da subito di lei e ci rimangono sino alla fine del concerto. Parte con Rider to the Sea, il vibrante strumentale chitarristico che apre anche il disco, e procede alternando mirabilmente dolci sussurri a diaboliche cavalcate. Sa di Siouxie e di PJ Harvey, dicono i critici, ma sa anche di molto altro. Evoca persino scenari western morriconiani e si apre in suggestioni chitarristiche che farebbero la felicità di Tarantino. Il suo però è in un mix pregevole che alla fine risulta molto personale. Nel mezzo esatto del concerto piazza Desire, un anthem che ricorda Patti Smith, e conclude alla grande con Jezebel, il primo singolo, che è già un classico. Alla fine soddisfazione unamime. Giusto l'accenno di qualche mugugno per la durata esigua del concerto (un'ora esatta) che rimane appunto un accenno. Con soli due singoli ed un album di 40 minuti scarsi alle spalle, daltronde, era difficile aspettarsi di più. Avrà tutto il tempo di rimediare anche a questo. A.
Chiga