Livorno - Il Comune di Rosignano Marittimo, attraverso il Centro per l’arte Diego Martelli, intende promuovere un appuntamento espositivo dedicato alla dinastia -livornese di nascita- dei Tommasi, di cultura macchiaiola, ma legata particolarmente alla figura artistica di Silvestro Lega di cui Angiolo e Ludovico furono allievi. Dal 23 luglio al 2 ottobre 2011, presso le sale del Castello Pasquini, a Castiglioncello, verrà proposta la mostra I Tommasi. Pittori in Toscana dopo la “macchia”, a cura di Francesca Dini. . Negli ultimi dieci anni il Centro per l’arte Diego Martelli di Castiglioncello, supportato dalla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti e dai maggiori musei italiani e francesi, ha promosso importanti mostre dedicate ai Macchiaioli e più in generale all’evoluzione della pittura figurativa a cavallo tra il XIX e XX secolo.
Si ricordano in particolare le esposizioni: “I Macchiaioli” (2002), “Da Courbet a Fattori. I principi del vero” in collaborazione con il Musée Courbet di Ornans (2005), “Boldini, Helleu, Sem, protagonisti e miti della Belle Epoque” (2006) in collaborazione con la fondazione “Les Amis de Paul-César Helleu”, per finire con “Nino Costa e il paesaggio dell’anima” realizzata nell’estate 2009 in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. La mostra, che offrirà al visitatore un lungo excursus temporale sulla pittura toscana, prenderà le mosse dalla personalità tardo-macchiaiola di Adolfo Tommasi (Livorno 1851 - Firenze 1933), che fu tra i frequentatori della Villa Martelli a Castiglioncello, proseguirà attraverso le esperienze di Angiolo (Livorno 1859 - Torre del Lago 1923), pittore naturalista che fu tra i protagonisti della scuola di Torre del Lago -legata alla figura di Giacomo Puccini-, e approderà infine alla vicenda post-macchiaiola e dunque novecentesca di Ludovico (Livorno 1866 - Firenze 1941).
Il percorso espositivo, composto da circa 70 dipinti per lo più provenienti da collezioni private e dunque solitamente inaccessibili al grande pubblico, prende le mosse da uno dei momenti più noti nell’agiografia della vicenda macchiaiola: il Cenacolo di Bellariva. Nel 1881 la famiglia di Luigi Tommasi, benestante livornese, si trasferisce a Firenze andando ad abitare Villa “La Casaccia” a Bellariva (già oggetto delle incursioni pittoriche di Abbati e Signorini, nel decennio aureo della “Macchia”); e ciò per favorire le inclinazioni artistiche di due dei cinque figli, Angiolo che si iscrive all’Accademia di Belle Arti e Lodovico che entra in Conservatorio, per diplomarsi in violino.
Sin dal 1877, Adolfo Tommasi (cugino di Angiolo e Lodovico) ha introdotto in famiglia Silvestro Lega che ha irrorato dei propri consigli la formazione dei tre artisti livornesi, incentivando la decisione della famiglia di trasferirsi a Firenze. Il Cenacolo di Bellariva, frequentato tra gli altri da Giosuè Carducci, da Enrico Panzacchi, dalla scrittrice Anna Franchi e dai pittori Adriano Cecioni, Francesco e Luigi Gioli, Vittorio Corcos, Eugenio Cecconi, Giovanni Fattori e Telemaco Signorini; sarà soprattutto ricordato per aver ospitato la rinascita spirituale e artistica del non più giovane Lega.
Sono quelli gli anni delle divergenze tra Lega e Fattori poiché quest’ultimo è molto critico nei confronti dell’indirizzo liberamente “impressionista” assunto dall’arte toscana. I Tommasi sono naturalmente con Lega, come dimostrano i dipinti di Angiolo “In giardino” e “Lavandaie sull’Affrico” e il quadro “Pescatorelli” di Lodovico. La mostra si sviluppa da questo antefatto, e partendo dalle innegabili comuni origini culturali macchiaiole dei tre pittori, ne evidenzia i singoli percorsi attraverso i quali essi pervennero a linguaggi pittorici autonomi e caratterizzati, articolandosi in tre sezioni, vale a dire in tre retrospettive parallele.
La prima è intitolata “Adolfo Tommasi, epopea del Vero” e raccoglie straordinari dipinti quali “La diligenza di Castiglioncello”, “Grano maturo”, “Le ore calde”, “Il fischio del vapore”, “Petriolo presso Firenze”, “Via di Paese”, “Il canto della sfoglia”, “Malerba”, rappresentativi della declinazione epica della narrazione della vita campestre tipica dell’artista che fu operoso soprattutto nella campagna livornese e nei dintorni di Castiglioncello. La seconda sezione è intitolata “Angiolo Tommasi, dal Cenacolo di Bellariva al Club della Bohème”.
Essa ripercorre l’evoluzione dell’artista dai primi esiti leghiani alle opere caratterizzate da una fattura veloce e dalla luce abbagliante, in sintonia con il vitalismo di inizio secolo, eseguite presso il Lago di Massaciuccoli, in seno al gruppo di artisti che si radunava attorno alla figura di Giacomo Puccini (“L’attesa”, “Le fascinaie presso il Lago di Massaciuccoli”). Frammezzo, gli esiti pittorici -inediti- del lungo soggiorno in America del Sud, alla scoperta della Patagonia e della Terra del Fuoco, soggiorno condiviso con l’insigne anarchico rosignanese Pietro Gori. La terza sezione della mostra è dedicata al più giovane dei tre artisti, forse il più audace per la costante sperimentazione che caratterizza il suo percorso, “Lodovico Tommasi, tra Naturalismo e Avanguardia”.
Splendidi dipinti quali “Guardianella di oche” (1892), “Riposo nei campi” (1898), “Lavandaie presso Luco” rivelano una certa sensibilità nei confronti del divisionismo e collocano Lodovico in seno al gruppo dei Post-Macchiaioli. Costante fu in lui il tentativo di stabilire il nesso tra le istanze ideali della “macchia” e il Novecento. Raccogliere le opere di tre artisti dal temperamento diversissimo, in virtù dei soli vincoli di parentela, potrebbe sembrare banale e pretestuoso.
Ma i dipinti di Adolfo, Angiolo e Lodovico Tommasi, che questa esposizione presenta per la prima volta riuniti in un percorso di alto profilo scientifico, si offrono al pubblico degli appassionati e agli studiosi di pittura del secondo Ottocento e del primo Novecento italiano come una vera prelibatezza e una rara opportunità di verifica e di conoscenza. Verifica innanzi tutto della coerenza poetica di ciascuno dei tre; conoscenza infine del corpus pittorico tanto considerevole quanto frammentato nei mille rivoli del collezionismo privato che si è sempre dimostrato sensibile all’arte dei Tommasi, e ciò a prescindere dalle opportune rivalutazioni che la critica ufficiale ha tardato inspiegabilmente a promuovere nei loro confronti. Il catalogo, edito da Skira, contiene saggi di Silvestra Bietoletti, Rossella Campana, Francesca Dini, Eugenia Querci.