Nessuno è profeta in patria. Un modo di dire apparentemente desueto che si applica perfettamente al pittore fiorentino Mario Fallani. Alla soglia degli 80 anni l'artista espone al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, mentre a Firenze il suo nome è conosciuto in una ristretta cerchia di estimatori. Firenze città poco incline a considerare i talenti contemporanei fiorentini, sembra quasi sorpresa di questo doveroso riconoscimento a un artista come Fallani la cui fama , nella sua città, sembra limitata a una cerchia di affezionati collezionisti, e di vecchi amici o compagni di studio (all’Istituto d’Arte di Porta Romana) nonché di scorribande appassionate nelle avanguardie che hanno dominato il cosiddetto ‘dibattito’ tra i decenni Cinquanta e Settanta.
Firenze è avara nei riconoscimenti, soprattutto quando un artista come Fallani ha vissuto a lungo all'estero , soprattutto negli Stati Uniti, dove ha insegnato per un decennio all’Art Institute di Chicago e alla Scuola di Arti visive di New York. Oltre a questo le sue opere così impalpabili e raffinate, sono rappresentate da un agente tedesco, la Prom Gallery di Monaco di Baviera. Dunque Fallani è celebre in Germania, Europa del Nord, America, ma in Italia non è conosciuto quanto dovrebbe , anche se i cinefili non dimenticano le sue splendide scenografie per il Casanova di Federico Fellini.
L’ultima mostra importante di Fallani risale al 2005, curata al Museo Marini di Firenze da Carlo Sisi che, introducendo la monografia ,che accompagnò la mostra, scrisse: “disvela le stagioni del Fallani a chi ne conoscesse soltanto l’immagine attuale e consacrata: gli inizi a Porta Romana e le prime mostre all’Indiano e a Numero; la non breve esperienza americana e l’adesione personalissima ai movimenti degli anni Cinquanta, sempre con l’aspirazione ad una forma strutturante; il ritorno a Firenze, nel 1968, e la definitiva scelta di un naturalismo colto ed evocativo, denso di suggestioni letterarie” Fallani è certamente uno dei maggiori artisti figurativi del nostro tempo.
La tecnica, la mano sono quelle dei grandi maestri del Rinascimento, anche se i significati sono altri. E a proposito del suo lavoro così spiega l'artista: “E’un bel po’ d’anni che sono coinvolto in questa mia ricerca. Mi attrae il paesaggio, che ovviamente diventa paesaggio interiore, metafora dei grovigli che mi trovo dentro. Non voglio darmi arie da ecologo o mettere l’accento sull’ambiente in quanto tale. Questi alberi, cespugli e fiori sono esattamente il mio inconscio negativo-positivo, che cerco di estrarmi dal cervello e di rendere esplicito lavorando di carboncino sulla tela.
L’ultimo quadro per Venezia è stato un piacere enorme. Chissà che vorrà dire! Comunque, debuttare a 77 anni è sempre un bell’inizio”. Nel momento in cui Venezia rende omaggio a Fallani, sarebbe auspicabile una grande mostra a Firenze, un percorso dell'intera opera dell'artista che potrebbe aver la giusta collocazione ,forse, in Palazzo Pitti. Alessandro Lazzeri