Durante l’intervento di ristrutturazione dei vani interrati di Palazzo Tucci, di proprietà di Giuseppe Bulleri, nei mesi scorsi sono tornati in luce cospicui resti di una domus romana, risalente alla fine del II secolo a.C., quindi alla prima fase di urbanizzazione della città. La scoperta è stata presentata alla presenza del sindaco Mauro Favilla che si è complimentato con il proprietario dell’immobile per la scelta di lasciare visibili i tratti principali delle mura della casa romana: “Una scelta che va nella direzione di valorizzare la storia e la cultura della nostra città e che non posso che condividere, visto l’impegno di questa amministrazione nella valorizzazione di Lucca”.
Insieme al direttore dei lavori architetto Simona Velardi, e agli archeologhe Elisabetta Abela e Serena Cenni, Giulio Ciampoltrini per la Soprintendenza, ringraziando il sindaco per la sensibilità che sempre dimostra per i ritrovamenti di valore storico, ha illustrato tutti i dettagli dello scavo, sottolineando come, il probabile nome della domus romana, “potrebbe essere Casa del Fanciullo sul delfino” visto che è stata ritrovata una terracotta con questa rappresentazione, assai rara, che ornava il frontone della casa. In particolare sono stati indagati due ambienti delimitati da muri perimetrali ancora ben conservati, costruiti con bozze e liste di pietra calcarea bianca, circondati all’esterno da un portico aperto, su colonnato, pavimentato a ciottoli degradante verso la strada pubblica, oggi replicata da Via San Giorgio, che nell’antichità era uno dei decumani principali della città.
La “domus” Rivestita da intonaci dipinti, recuperati in grandi quantità nel corso dello scavo, era decorata da terracotte architettoniche di notevole bellezza, ornate da un fregio molto raro con un fanciullo che “cavalca” un delfino. L’accurata indagine archeologica, condotta dalle archeologhe Abela e Cenni, sotto la direzione scientifica di Giulio Ciampoltrini, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, ha consentito di rilevare le tracce di una ristrutturazione avvenuta in età augustea, con una diversa sistemazione degli ambienti e un rialzamento dei piani pavimentali, sotto i quali venne realizzato un complesso di canalizzazioni idriche in muratura, ancora ben conservate, che consentivano lo smaltimento delle acque piovane. Lo “scrigno dei tesori” Così è stata definita l’area per la continua presenza di testimonianze e reperti di grande valore che emergevano dal terreno, tra cui una bella moneta di bronzo dell’imperatore rappresentante augusto, ci ha riservato una sorpresa proprio negli ultimi giorni di scavo: nell’area del portico esterno all’abitazione sono stati scoperti alcuni oggetti sepolti intenzionalmente, durante un rito di culto propiziatorio: in particolare un vasetto di terracotta ancora integro e una bella spilla di bronzo del tipo a “Aucissa”, finemente decorata, che doveva chiudere un involucro in tessuto contenente l’offerta alla divinità.
Gli oggetti erano stati accuratamente sistemati nel terreno e protetti da un grande contenitore, un anfora deposta in posizione orizzontale. Probabilmente il rito di culto propiziatorio dell’ambito domestico venne compiuto al termine della ristrutturazione dell’abitazione in età augustea, in concomitanza con l’arrivo di un nuovo gruppo familiare. L’importanza storica L’interesse notevole del ritrovamento e la buona conservazione delle strutture antiche hanno indotto il proprietario, Giuseppe Bulleri, a lasciare a vista parte dell’area archeologica, che sarà a breve aperta al pubblico.
Dopo un consolidamento delle murature, realizzato dalla restauratrice Maria Assunta Sebeti, l’architetto Simona Velardi, direttore dei lavori, ha progettato un percorso con pavimentazioni in vetro che valorizzano pienamente i reperti antichi. Attualmente tutti i reperti rinvenuti sono al museo di Villa Guinigi, ma non si esclude che in futuro, alcuni di essi possano essere esposti sul luogo del ritrovamento.