Il Mediterraneo come luogo di incontro e scontro tra culture differenti, ma anche occasione di scambio e crescita. E’ stato questo il tema al centro della ultima sessione tematica delle Giornate dell’Interdipendenza, il seminario che si è chiuso oggi a Firenze, organizzato da Acli, Comunità di Sant’Egidio, Focsiv, Legambiente, Movimento politico per l’unità/Focolari, Regione Toscana. Realizzato grazie al patrocinio della Federazione Nazionale della Stampa e il sostegno della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, il laboratorio ha analizzato le dinamiche sociali nell’area del Mediterraneo, dove il termine interdipendenza ha assunto come principale accezione quello di immigrazione.
Un’area per cui è ormai urgente trovare soluzioni di integrazione, che favoriscano la relazione tra mondi e appartenenze differenti. Alla giornata di oggi sono intervenuti Maurizio Ambrosini (direttore rivista Mondi migranti), Domenico Mogavero (vescovo di Mazara del Vallo, CEI/migranti), Izzedin Elzir (presidente Ucoii), Agnese Di Pietrantonio (Poliambulatorio di Emergency, Palermo), Luciana Delfini (Università di Roma), Chiara Certomà (ricercatrice Scuola Superiore S. Anna Pisa), Daniela Ropelato (Mppu-Focolari).
“Creare interdipendenza vuol dire lasciarsi alle spalle tutte le soluzioni riduttive della realtà per accettare e imparare a leggere la diversità tra gruppi culturali differenti - ha dichiarato Daniela Ropelato di Mppu-Focolari -. Dall’edizione 2010 delle Giornate è emerso chiaramente che la nostra attuale identità è ormai frutto di un incontro tra molteplici culture”. “C’è una profonda correlazione tra immigrazione e inquinamento ambientale. Sono ormai consistenti e degni di nota i flussi migratori, dovuti ai cambiamenti climatici – ha aggiunto Luciana Delfini, ricercatrice dell’Università di Roma -.
E’ il caso dei cosiddetti profughi ambientali, costretti ad abbandonare le proprie terre colpite da alluvioni, desertificazione e catastrofi naturali. Sta a noi dunque assumere una responsabilità comune, affinché queste popolazioni possano continuare a vivere nei propri paesi d’origine. L’immigrazione, infatti, dovrebbe essere vista nell’ottica dello sviluppo sostenibile, cercando di elaborare soluzioni in un contesto di responsabilità internazionale”.