Carta delle Autonomie approvata alla Camera. Adesso passa al Senato

Il provvedimento che passa ora all'esame del Senato non prevede la cancellazione delle mini-province, inserita con un emendamento in Commissione e poi eliminata in aula. Sì, invece, al riordino delle prefetture.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 luglio 2010 19:02
Carta delle Autonomie approvata alla Camera. Adesso passa al Senato

Via libera della Camera al disegno di legge sulla Carta delle Autonomie. Il provvedimento che passa ora all'esame del Senato non prevede la cancellazione delle mini-province, inserita con un emendamento in Commissione e poi eliminata in aula. Sì, invece, al riordino delle prefetture. Su questo punto, dopo polemiche anche aspre, è stata trovata una mediazione fra maggioranza e Pd in base alla quale sulle prefetture si interverrà seguendo le scelte che saranno fatte sulle province: in sostanza, in caso di abolizione e accorpamento di alcune delle seconde, la stessa sorte toccherà alle relative prefetture. In pratica, anche la carta delle autonomie è arrivata al traguardo della prima approvazione senza la soppressione delle mini-province, che era stata stoppata dopo il blitz nella manovra correttiva proprio per inserirla in un "provvedimento organico" sugli enti locali. Quello approvato ieri in prima lettura alla Camera, del resto, è un testo leggero, che nel corso della lunga permanenza a Montecitorio ha perso pezzi importanti.

La razionalizzazione degli enti locali, con i tagli a giunte e consigli e la soppressione di organismi come i difensori civici, è stata quasi tutta anticipata da vari decreti sugli enti locali, mentre sul resto pesa l'ipoteca dell'attuazione del federalismo fiscale. I pilastri del provvedimento, che ora va all'esame del Senato, sono due: l'individuazione delle funzioni fondamentali e il trasferimento di attività a comuni e province, che diventeranno però operative solo quando sarà pronta la macchina federalista dei costi standard, e la riscrittura del testo unico degli enti locali.

Di questo aspetto si occuperà il governo, delegato a individuare nei prossimi due anni le nuove regole su funzionamento, contabilità e controlli per comuni e province. Sempre che, soprattutto su quest'ultimo punto, non ci pensi prima il Ddl anticorruzione, presentato tre mesi fa dal governo e ora sui tavoli di palazzo Madama. Il voto di ieri è solo un primo passo ma questo non frena l'entusiasmo di Michelino Davico, sottosegretario all'interno e uno tra gli sponsor principali del provvedimento, che parla di "risultato storico", e di "passo importante per fare chiarezza sulle competenze di autonomia e responsabilità delle attività pubbliche sul territorio".

Per l'Anci, invece, il testo si è talmente alleggerito da diventare "inutile se non dannoso", e le stesse opinioni si incontrano nell'opposizione: "Le funzioni degli enti – sostiene Oriano Giovanelli (Pd) – andavano trovate prima di avviare il federalismo fiscale, ora si paga l'errore di aver puntato tutto sull'aspetto finanziario". E da parte sua l’Uncem, con Oreste Giurlani, presidente della delegazione toscana, mette in evidenza che “un confronto su un tema così dirimente per lo sviluppo del Paese è fondamentale”. “Razionalizzare il sistema delle autonomie locali – continua Giurlani – è prerogativa per il nostro Paese ma va fatto nel rispetto e nell’applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.

Nel contesto della discussione politica in atto sul federalismo, un confronto che venga dal territorio è imprescindibile per evitare che il federalismo finisca ad essere una mera bandiera mentre si agisce nel più puro centralismo. La manovra finanziaria ne è un altro chiaro esempio. Noi riteniamo fondamentale rivedere la Carta delle Autonomie rinnovando il testo unico sugli enti locali ormai per alcuni aspetti stantio rispetto al Titolo V della Costituzione, primo passo verso il federalismo istituzionale, ma questo va fatto nella prospettiva di una riforma armonica del sistema, dal centro alla periferia.

Per quanto riguarda il caso specifico delle Comunità Montane, la nostra richiesta di soppressione dell’articolo 17 risponde alla necessità di fare un confronto con il territorio perché la questione non riguarda tanto il contenitore quanto il contenuto e quindi quale è l’ente che si occuperà delle politiche per la montagna come previste dall’articolo 44 del dettato costituzionale: la Comunità Montana, mediante l’ambito ottimale che rappresenta, ottempera a questo compito, insieme alla gestione associata delle funzioni comunali, alla tutela e allo sviluppo del territorio, garantendo l’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese.

La nostra prospettiva è quella del territorio e del cittadino e una Carta delle Autonomie di questa natura, assieme al federalismo fiscale di cui ancora non riusciamo a conoscere i numeri e alla manovra finanziaria, determinerà un deficit della democrazia di cui proprio i cittadini saranno vittime. Per questo, oggi che la Carta comunque è approdata in Senato, invito ad un maggiore confronto con gli enti locali e le associazioni di rappresentanza per individuare un percorso condivido che faccia della funzionalità il suo baluardo”.

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