18.616: tante sono le imprese italiane di Autotrasporto sparite dal mercato dal primo gennaio 2006 al 30 marzo 2007. Fallite, liquidate, accorpate, comunque uscite spesso in modo traumatico di scena, e per la maggior parte dei casi poste nell'impossibilità pratica di operare economicamente il loro servizio. A fronte di questa falcidia sono nate, nello stesso periodo, 6.539 imprese nuove. Il saldo negativo è superiore alle 12.000 aziende.
Lo stesso andamento si registra a livello provinciale, sulla base dei dati del Registro Imprese della CCIAA di Firenze.
Nel terzo trimestre 2006, rispetto allo stesso periodo del 2005, si hanno 54 aziende attive in meno (2.382 nel 2005, contro le 2.328 del 2006), oltre ad un calo di 63 unità nel numero di nuove iscrizioni (124 nel 2005, 61 nel 2006).
"Un crack - afferma Luigi Trenti, Presidente di Cna Fita di Firenze - che non ha precedenti nella storia, pur travagliata, dell'Autotrasporto italiano. Ma esaminando lo stato di salute delle imprese sopravvissute il quadro diventa ancora più drammatico: una impresa su quattro è fortemente indebitata e esposta al rischio di chiusura già nell'esercizio in corso".
"Si tratta di una vera e propria emergenza nazionale - prosegue il Presidente di Cna Fita - con rischi estesi a tutto il comparto produttivo del Paese, il quale - piaccia o non piaccia - è oggi direttamente dipendente dal trasporto su gomma, a causa dei pesanti ritardi sulle infrastrutture e sull’intermodalità".
“Tali ritardi – dice Trenti – hanno pesanti ripercussioni anche nella nostra realtà, dove l’Interporto della Toscana Centrale avrebbe bisogno di ben altri sostegni.
Al confine fra la provincia di Firenze e quella di Prato, collocazione che lo rende uno snodo strategico per il trasporto intermodale sia regionale che nazionale ed internazionale, consente, con l’attuale terminal ferroviario, l’intermodalità ferro-gomma delle merci, con vantaggi sulla mobilità, sull’ambiente e sulla sicurezza stradale. Il terminal ferroviario - due binari operativi - sviluppa ad oggi un traffico di circa 15 treni a settimana destinato in un prossimo futuro ad incrementarsi in virtù della messa a regime della costruenda piattaforma ferroviaria - sei binari operativi -.
Sostenere lo sviluppo di queste esperienze non significa solo aiutare l’autotrasporto, ma l’intero sistema economico regionale, che ha sempre più bisogno di reti, di comunicazioni, di infrastrutture.”
“Per invertire la tendenza alla crisi dell’autotrasporto - aggiunge Trenti - risulteranno determinanti le soluzioni a due problemi, entrambi della massima urgenza:
una riforma del settore che garantisca alle imprese di autotrasporto pari dignità negoziale nei confronti della committenza, arroccata su posizioni dominanti e di rendita;
un recepimento da parte del Governo Italiano della direttiva europea 2002/15 sull’orario di lavoro - norma che riduce l’orario degli autisti al limite settimanale di 48 ore – compatibile sia con la flessibilità tipica del servizio di autotrasporto, sia con i livelli salariali degli autisti, fra i più alti d’Europa.
"Ma questa crisi - conclude Trenti - non è percepita come tale: il Governo non sta ottemperando agli impegni assunti con il Protocollo sottoscritto il 7 febbraio scorso e tale ritardo produce ulteriore destrutturazione delle imprese di Autotrasporto italiane.
Di fronte a queste ormai evidenti inadempienze e all'inaffidabilità politica ci troviamo costretti, in attesa di una nuova convocazione a Palazzo Chigi, a riprendere tutte le iniziative a tutela della Categoria".