(Firenze,14 febbraio) Un viaggio alla scoperta del lato oscuro e ambiguo del fascino esercitato dal potere. Sembra questo il significato del film “L’ultimo re di Scozia”di Kevin MacDonald. Protagonista è Nicholas Garrigan(James McAvoy)un medico inglese neolaureato che sogna l’avventura umanitaria. La trova in Uganda dove si reca ad esercitare la sua professione. Qui incontrerà Idi Amin Dada, il trascinatore di folle che ha appena sconfitto l’avversario Milton Obote e rimarrà Presidente del Paese dal 1971 al 1979.
Nicholas diverrà suo medico personale e poi suo principale consigliere scoprendo progressivamente ,come dietro alla facciata di brillante bonomia si celi un uomo crudele. La condotta di Amin in Uganda fu improntata alla più settaria violenza, includendo la persecuzione degli Acholi, Lango, Indiani e altri gruppi etnici inclusi induisti e cristiani dell'Uganda. Le vittime causate dal regime non sono mai state conosciute in maniera precisa. Il regista MacDonald, al suo primo lungometraggio dopo un’intensa attività di documentarista, mostra Idi Amin Dada così come appare allo sguardo ‘ingenuo’ di un occidentale pronto inizialmente a chiudere gli occhi su alcune ‘stranezze’ dell’affascinante personaggio.
Ancor più affascinante perché interpretato da un Forest Whitaker straordinario nell’offrirci l’ambiguità della follia coniugata al potere. Le battute, l’ammirazione per la Scozia, la voglia di vita e il desiderio di giustizia di cui Amin fa sfoggio , rivelano pian piano l’ombra della follia. Una follia al contempo determinata e insicura che viene resa in modo da non rendere mai il dittatore del tutto ‘simpatico’. Il film è godibile e diventa quasi una sorta di thriller: i fatti accaduti si mescolano con l’intreccio lasciando in sospeso lo spettatore fino alla fine.
Una menzione va a Forest Whitaker, che per questa interpretazione è candidato all’Oscar e a James McAvoy,che nella sua ingenuità sembra significare anche la sufficienza ,la convenienza con cui spesso l’Occidente tollera e consente le dittature più sanguinose.
Alessandro Lazzeri