ROMA 9 GENNAIO 2007 - A distanza di ben trentuno anni dal primo capitolo cinematografico (premiato con tre Oscar, miglior film, regia e montaggio, un Golden Globe, miglior film drammatico, ed un David di Donatello, miglior attore straniero) e diciassette dal quinto, torna venerdì prossimo nelle sale italiane il pugile che ha fatto conoscere al grande pubblico l’attore Sylvester Stallone: Rocky Balboa.
Presentata in anteprima questa sera a Roma, la pellicola prende il titolo dal nome dello ‘Stallone Italiano’, “Rocky Balboa” appunto, ed è l’episodio conclusivo di una saga entrata nel cuore di milioni di spettatori sparsi in tutto il mondo.
La trama
Rocky Balboa (Sylvester Stallone) ha da tempo appeso i guantoni al chiodo.
Proprietario dell’Adrian’s (ristorante che porta il nome della compianta moglie), trascorre gran parte delle proprie giornate a rievocare, con clienti e curiosi, gli incontri e gli aneddoti che ne hanno contraddistinto la carriera agonistica.
E’ un uomo “che vive nel passato”, come non perde occasione di ripetergli l’amico e cognato Paulie (Burt Young), e che non riesce ad avere un vero rapporto col figlio Robert Balboa Jr (Milo Ventimiglia).
A riportare l’ex bi-campione del mondo dei massimi agli onori delle cronache sportive ci pensa, tuttavia, il computer. Con un programma che simula incontri di boxe, difatti, vengono messi l’uno di fronte all’altro, il miglior Rocky e Mason “The Line” Dixon (Antonio Tarver), l’attuale dominatore del ring, un pugile mal sopportato da pubblico ed appassionati perché troppo freddo e reo di incrociare i guantoni solo con avversari di categoria inferiore.
Risultato: Rocky vincente per ko.
A questo punto il passaggio dalla realtà virtuale a quella in carne ed ossa è breve. Manager e consulente d’immagine del giovane boxeur lanciano la sfida, Rocky, non senza pensieri, decide d’accettarla.
E così il percorso che porterà lo ‘Stallone Italiano’ nuovamente sul ring sarà anche l’occasione per far pace con i fantasmi del passato, riavvicinarsi al figlio e ritrovare vecchi amici, uno su tutti Duke, l’ex allenatore di Apollo Creed, (Tony Burton, l’unico attore assieme a Stallone e Young ad essere presente in tutte e sei le pellicole).
“E quello che sembrava incredibile – per usare le parole di uno dei commentatori che, da bordo ring, ci accompagnano lungo tutte e dieci le riprese del match – diventa possibile”.
Il giudizio
Il miglior Rocky dopo i due capitoli iniziali e, se invece che sei film, il progetto alla fine fosse risultato una trilogia (Rocky I, II e Rocky Balboa) non ci sarebbe stato da obiettare alcunché.
Sapiente e ben riuscito il gioco di rimandi che lungo tutto il film accompagna il protagonista/spettatore: l’ex pugile si imbatte nel negozio d’animali dove lavorava Adriana o la pista di ghiaccio che aveva fatto da sfondo al loro primo incontro… e lo spettatore corre con i ricordi alla pellicola del 1976; iniziano gli allenamenti con l’incitamento di Duke… impossibile non pensare ai preparativi prima delle due sfide contro Creed.
Un gioco di rimandi, quasi fosse un remake, che trova giovamento nelle musiche (oltre al classico motivetto c’è posto anche per arie di Donizetti, Verdi, Puccini).
Da segnalare la ricomparsa di Marie (Geraldine Hughes), madre single che nella pellicola del 1976, poco più che adolescente, inveiva contro Rocky perché l’aveva messa in guardia dai rischi che si corrono a frequentare gang giovanili, ed il cammeo di Mike Tyson che cerca di provocare il giovane Dixon sfidandolo a combattere contro di lui.
I film
Rocky I (1976)
Rocky II (1979)
Rocky III (1982)
Rocky IV (1985)
Rocky V (1990)
Rocky Balboa (2006)