Marina di Carrara, 17 novembre - Sono circa 30mila le persone che in Italia partecipano a gruppi di auto aiuto: è quanto emerge dall'indagine realizzata dal Coordinamento regionale toscano dei gruppi di auto aiuto e dalla Fondazione Istituto Andrea Devoto, presentata oggi a Marina di Carrara nel corso della rassegna “Dire&Fare”. La ricerca, finanziata dal Cesvot e pubblicata nella collana “Briciole”, ha avuto come primo obiettivo quello di aggiornare i dati raccolti nel 1999, anno in cui è stata condotto, su commissione del Ministero degli Affari Sociali, il primo censimento nazionale dei gruppi di auto aiuto.
Rispetto al 1999, si registra un incremento dei gruppi del 203%. Attualmente nel nostro paese sono attivi 3265 gruppi di auto aiuto, mentre sette anni fa risultavano complessivamente 1603. Il 63% dei gruppi si trova al nord, il 24% al centro, il 13% nel sud e nelle isole. In Toscana i gruppi di auto aiuto sono 285 attestando la nostra regione al 5° posto dopo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. L’incremento si registra in quasi tutti i settori, soprattutto in quegli ambiti in cui l’auto aiuto non era particolarmente diffuso (identità di genere, minori in condizioni di marginalità, gioco d’azzardo, lutto, neoplasie e altre patologie d’organo, tabagismo, adozioni e disabilità).
In forte crescita risultano i gruppi di familiari, che costituiscono il 32% del campione (1059 gruppi). I gruppi per familiari sono presenti con maggior frequenza negli ambiti alcolismo (431 gruppi di familiari adulti di alcolisti), dipendenza da sostanze psicotrope (251 gruppi), disabilità (142 gruppi), disagio mentale (122 gruppi), patologie d’organo (44 gruppi). Il 94% dei gruppi sono aperti, disposti cioè ad accogliere in qualunque momento persone che chiedono di partecipare. Il 62% del campione prevede la presenza di un facilitatore che conduce le riunioni e favorisce lo scambio di esperienze tra i membri del gruppo.
Tuttavia soltanto nel 32% dei casi in cui è previsto il facilitatore quest’ultimo non condivide il problema con i membri del gruppo. Il 74% dei gruppi svolge altre forme di sostegno, soprattutto attività di informazione e sensibilizzazione. Come sottolineano le autrici della ricerca, i gruppi di auto aiuto rappresentano, infatti, micro comunità fondate su scelte individuali di azione nei confronti di un disagio.
Nel 35% dei casi i gruppi sono dotati di siti web e nel 28% dei casi producono volantini e opuscoli per diffondere notizie a livello locale ad un costo inferiore rispetto ad altre forme di informazione.
Il 10% produce riviste curate non soltanto dai membri dei gruppi, ma anche da volontari che lavorano all’interno di associazioni. Il 7% pubblica fogli periodici ed il 6% produce video informativi, utilizzati per interventi educativi e preventivi. In conclusione, la ricerca evidenzia che le esperienze di self help in Italia non si manifestano come un fenomeno unitario, differenziandosi per distribuzione geografica, organizzazione, struttura, attività svolte, obiettivi e specificità del problema trattato.
Alla base di tutte le esperienze individuate permane un’ideologia di fondo, che si ispira ad una scelta individuale di azione nei confronti di un disagio.