Firenze, 19 maggio 2006- E’ la stazione meteorologica terrestre più alta del mondo. E’ stata installata in questi giorni sull’Everest, a 6300 metri di quota, dall’esperto alpinista Roby Piantoni nell’ambito di una spedizione chiamata Everest 2006 Tibet. Questa iniziativa fa parte di un progetto di studio sulle “alterazioni cardiovascolari, respiratorie ed endocrino-metaboliche durante condizioni ambientali estreme e ipossia”, guidato da Pietro Amedeo Modesti della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Firenze.
Si tratta di un programma di indagine bioclimatologica coordinato dalla Clinica Medica del Dipartimento di Area critica medico chirurgica, di cui fanno parte ricercatori dell'ateneo fiorentino (Simone Orlandini e Marco Morabito del Centro Interdipartimentale di Bioclimatologia), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Alfonso Crisci dell’Istituto di Biometeorologia di Firenze) e un gruppo di imprenditori con competenze specifiche nel settore tessile e tecnologico per ambienti estremi. La ricerca vuole, tra l’altro, fornire elementi utili alla comunità medico-scientifica sulle reazioni del corpo umano in condizioni di stress ambientale da agenti fisici come vento forte, basse temperature, alto carico radiativo ed ipossia grazie ad un monitoraggio meteorologico ed ambientale che utilizza strumenti innovativi con modalità di trasmissione dati remota usando tecnologia wireless grazie alla partecipazione di aziende come Intel Corporation Italia.
“Ad altezze come quelle i rischi sono legati non solo alle basse temperature ma soprattutto alla riduzione della pressione atmosferica – spiega Modesti - Le moderne spedizioni scalano le vette dell’Hymalaya senza bombole di ossigeno ma non si deve dimenticare che a 8850 metri di quota la pressione parziale di ossigeno è di soli 48 mmHg. Una improvvisa riduzione della pressione barometrica non indica solo l’avvicinarsi del brutto tempo ma una ulteriore riduzione della quantità di ossigeno presente nell’aria che si respira.
Queste piccole differenze possono influenzare le prestazioni degli sportivi ma possono soprattutto separare la vita dalla morte. La realizzazione di una stazione di rilevamento sarà quindi di grande aiuto per le spedizioni future”. Everest 2006 Tibet è, infatti, un’esperienza pilota per una prossima indagine di maggiori dimensioni che i ricercatori dell’ateneo fiorentino stanno organizzando: gli studi condotti sugli alpinisti in condizioni di ipossia estrema potranno dare indicazioni utili non solo per lo sviluppo di nuovi materiali ma anche per i pazienti.
“Siamo abituati a considerare le variazioni meteorologiche come indicazioni utili solo per programmare le vacanze. Dopo l’esperienza dell’estate torrida del 2003 è cresciuta la coscienza delle forti implicazioni mediche ed è nato il Centro Interdipartimentale di Bioclimatologia dell’Università di Firenze – sottolinea Modesti - La realizzazione del progetto Meteo Salute, nato grazie alla collaborazione della Regione Toscana, risponde proprio alla necessità di individuare ed informare in maniera mirata i soggetti più a rischio come gli anziani.
L’aumento della temperatura ambientale è spesso associato ad una riduzione della pressione arteriosa durante il giorno ma, come abbiamo dimostrato quest’anno su un gruppo di circa 7000 pazienti seguiti in collaborazione con l’Università di Milano, una eccessiva riduzione del trattamento antiipertensivo negli anziani durante l’estate è causa di un paradossale aumento dei valori pressori durante la notte con un maggior rischio di complicanze cardiovascolari. Al momento della pubblicazione questi dati sono stati oggetto di una segnalazione specifica da parte dell’American Heart Association”.
Nella vita quotidiana le variazioni ambientali estreme hanno un effetto soprattutto sui soggetti più fragili.
Tuttavia la facilità degli spostamenti e la disponibilità di materiali ad alta tecnologia sta facendo rapidamente crescere il numero di soggetti che si avvicinano all’escursionismo in alta montagna e agli sport estremi. Già nel 2004, Modesti, insieme a Gianfranco Parati della facoltà di Medicina dell'Università degli studi di Milano con l’Istituto Auxologico Italiano, aveva coordinato una ricerca svolta sul Monte Rosa - al Rifugio Capanna Margherita, il più alto d’Europa a quota 4600 metri - per studiare l’edema polmonare da alta quota.
Il progetto aveva come obiettivo quello di studiare questa patologia che si manifesta in circa il 2% delle persone che raggiungono una quota superiore ai 3000 metri e che costituisce la principale causa di intervento degli elicotteri per il soccorso agli escursionisti. I risultati di questo studio, che hanno dimostrato l’importanza degli adattamenti della funzione renale in alta quota, saranno presentati tra due settimane al Congresso della Società Europea dell’Ipertensione di Madrid.