12-05-06- L'anno 2005 evidenzia il perdurare di una fase economica ancora difficile per la Toscana. Pur a fronte di segnali ancora contraddittori relativi all'andamento congiunturale previsto per il 2006, il tessuto imprenditoriale mostra un' evoluzione nella propria struttura in termini di consolidamento della forma giuridica. Cresce il numero di società di capitali, le medie imprese acquistano peso nei distretti ma la dimensione non fa la differenza: le produzioni del Made in Italy cedono il passo sui mercati esteri ai beni specializzati e high tech.
Lo rileva una nota diffusa da Unioncamere Toscana per la Giornata dell'Economia 2006.
"Il dato può essere letto come una tendenza all'adeguamento delle strategie organizzative delle imprese alle nuove sfide competitive, che impongono maggiori capacità di relazionarsi con altre imprese ed in generale il presidio delle fasi a maggior valore aggiunto nell'ambito delle filiere produttive, commenta Pierfrancesco Pacini, Presidente di Unioncamere Toscana.
"La situazione di difficoltà non colpisce peraltro più solo l'impresa di piccola dimensione - prosegue Pacini - esistono, nei confronti dei mercati internazionali, episodi di "nanismo della grande impresa": le nuove condizioni competitive determinano situazioni di autoselezione e gerarchizzazione nei mercati di riferimento, ed il successo delle imprese è sempre più dipendente dalle strategie settoriali e di filiera in cui esse operano."
L'incremento generalizzato del numero di imprese è attribuibile in ogni provincia alle società di capitale (in Toscana, cresciute del 4,4% rispetto all'anno precedente): queste hanno mostrato ritmi di crescita particolarmente elevati rispetto alle altre tipologie imprenditoriali, determinati da elevati tassi di natalità (quasi in linea con quelli delle imprese individuali) e più bassi tassi di mortalità imprenditoriale rispetto alle altre forme giuridiche.
Ai gruppi di impresa fa riferimento il 14,9% degli occupati ed il 15,8% del valore aggiunto generato sul territorio regionale.
Nella graduatoria toscana Firenze rimane la provincia in cui il fenomeno è maggiormente diffuso (1.748 gruppi che coinvolgono 4.117 imprese, tra società di capitale, società di persone, imprese individuali e istituzioni), generando importanti quote di valore aggiunto (19,3%) e di occupazione (18,1%) superiori alla media regionale. Prato è la seconda provincia per diffusione dei gruppi (622 per un totale di 1.502 imprese), anche se la ricaduta in termini di occupazione (16,3% degli addetti) e valore aggiunto (16,2%) è inferiore a quella di molte altre province.
Se la piccola dimensione costituisce ancora il caposaldo della produttività in termini di valore aggiunto, negli ultimi otto anni le medie imprese hanno acquistato peso a scapito delle piccole (a Prato generano il 18,9% del valore aggiunto, ad Arezzo il 14,9%, a Livorno il 12,8%).
Accanto ad una crescita del valore aggiunto della media dimensione si assiste in alcune province al consolidamento della grande impresa, che nei territori di Lucca, Pisa, Firenze genera più di 1/5 del valore aggiunto manifatturiero. Nel biennio 2003-2004 in Toscana si è avuto un incremento medio degli investimenti fissi lordi pari al 6,1%: mentre gli investimenti in macchinari hanno avuto un incremento del 3,5%, quelli in costruzioni hanno subito addirittura un'impennata (10,0%). L'incremento piuttosto consistente degli investimenti in costruzioni riflette da un lato le tendenze in atto nel mercato immobiliare in termini di incremento dei prezzi e dall'altro una forma di impiego dei capitali disponibili in beni rifugio al riparo dalle fluttuazioni congiunturali dei mercati.
La difficile situazione congiunturale si rispecchia peraltro anche negli andamenti delle società di capitali, dimostrando che non è solo la variabile dimensionale a determinare le condizioni per lo sviluppo territoriale.
Dai dati sui bilanci,si osservano, a partire dall'anno 2000, netti peggioramenti nella capacità di profitto (profitti lordi/valore aggiunto) delle imprese delle province di Massa Carrara (dal 21,4% al 17%), Prato (dal 23,4% al 15,9%) e Pistoia (dal 23,6% al 21,2%).
Migliora invece il dato di Lucca (per cui gli utili raggiungono oltre 1/3 del valore aggiunto prodotto dalle società di capitali), Pisa (che passa dal 34,5% al 36,1%), Livorno (dal 18,5% al 22,8%).
In tutte le province oltre il 60% del valore aggiunto è prodotto dal settore terziario, con punte che raggiungono quasi l'80% a Grosseto, e Massa Carrara e che si mostrano comunque elevate a Livorno (76,1%), Firenze (73,3%), Siena (72,5%).
La trasformazione del sistema produttivo con riferimento al mix settoriale si riflette direttamente sulla proiezione all'estero delle produzioni toscane, in termini di livello di specializzazione dei beni commercializzati all'estero.
Quasi il 70% delle esportazioni toscane è costituita da prodotti tradizionali e standard, categoria alla quale fa riferimento gran parte dei settori di specializzazione delle PMI manifatturiere: tali prodotti costituiscono infatti il 91,9% delle esportazioni di Prato, il 91,2% di quelle di Arezzo, l'80,4% di quelle di Grosseto, il 74,9% di quelle di Pisa e il 72,3% di quelle di Pistoia.
Si osservano per contro nel corso degli anni incrementi notevoli nelle quote di importazioni di tali prodotti: si tratta in particolar modo di acquisti di beni intermedi, costituiti da materie prime e da semilavorati che, con riferimento ai settori maggiormente attaccati sul fronte della competitività di costo (come ad esempio il sistema moda), entrano in competizione con i prodotti dell'industria locale indebolendone notevolmente la posizione sui mercati internazionali. La buona vitalità mostrata dalle province di Firenze e Siena è dimostrata dal maggiore peso sul mix produttivo di prodotti ad elevato contenuto tecnologico (rispettivamente, il 35,9% e il 65,4% del totale).
Anche le province di Lucca e Massa Carrara presentano una composizione delle vendite all'estero con un peso spiccato della componente di prodotti specializzati e hi tech (rispettivamente, il 41,8% ed il 45,8%).