Societa' della Salute: primo bilancio del progetto di sostegno domiciliare per i pazienti che escono dall'ospedale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 marzo 2006 19:31
Societa' della Salute: primo bilancio del progetto di sostegno domiciliare per i pazienti che escono dall'ospedale

Firenze, 24 Marzo 2006- Otto persone seguite nel percorso ospedale-casa in un mese con risultati molto positivi. E' questo il bilancio del primo mese di funzionamento del progetto che prevede l'attivazione di percorsi di continuità assistenziale tra ospedale e territorio per i pazienti che necessitano un programma di rientro "protetto" a domicilio. L'obiettivo del progetto, che si basa su un protocollo operativo che mette in collegamento i servizi di Pronto Sociale Domiciliare presenti in ogni servizio di assistenza domiciliare dei cinque Quartieri cittadini e i servizi sociali ospedalieri, è facilitare il ritorno a casa di pazienti una volta superata la fase acuta della malattia.

Nel primo mese sono state otto le persone che hanno usufruito del servizio (con una risposta a tutte le segnalazioni arrivate) con risultati molto positivi per quanto riguarda il recupero dell'autonomia. Oggi il presidente e il direttore della Società della Salute hanno fatto il punto dell'operazione avviata appunto con la condivisione di protocollo operativo che riguarda tutti presidi ospedalieri di Firenze (Santa Maria Nuova, Nuovo San Giovanni di Dio, Santa Maria Annunziata e Careggi).

In questa fase il protocollo riguarda i pazienti che presentano soltanto un bisogno sociale (e non sanitario-assistenziale) causato dalla perdita di autonomia nella vita quotidiana seguita alla malattia. Quindi i pazienti soli senza figli e senza altri parenti che possano assisterli; le coppie di persone di cui una non autosufficiente assistita dall'altra al momento è ricoverata in ospedale; pazienti convivente con figli disabili con gravi limitazioni dell'autonomia nella sfera relazionale. Dal punto di vista operativo, il protocollo attiva l'intervento di un assistente domiciliare dei servizi territoriali che accompagna e facilita il ritorno a domicilio del paziente che altrimenti dovrebbe rimanere in ospedale oppure in altre strutture di ricovero.

Il Pronto sociale domiciliare viene attivato direttamente in ospedale: in ogni struttura è infatti attivo un presidio di servizio sociale che insieme al medico, all'infermiere e al fisioterapista, valuta e attiva i percorsi di dimissione. L'assistente sociale dell'ospedale identifica il bisogno assistenziale del paziente individuando, sulla base dell'assistenza che può dare la famiglia, le esigenze e quindi definendo il percorso più appropriato (dall'assistenza domiciliare al ricovero in struttura).

Il Pronto sociale domiciliare scatta quando i bisogni evidenziati sono limitati all'ambito del sociale e che quindi possono trovare adeguata risposta anche attraverso un supporto a casa: l'assistente dell'ospedale segnala il caso ai servizi sociali competenti per territorio e viene concordato un programma di rientro tutelato a domicilio che scatta entro 48 ore. In sostanza si tratta dell'intervento di un assistente domiciliare a casa nei tempi e nei modi definiti dal programma costruito sul singolo soggetto.

L'assistente domiciliare in questo modo, oltre a garantire le necessarie prestazioni di supporto e di sostegno al recupero dell'autonomia della persona (dal disbrigo delle incombenze domestiche all'accompagnamento a fare delle visite mediche, dal pasto a domicilio all'assistenza alla persona e via dicendo), monitora la situazione per verificare l'andamento dell'intervento e gli eventuali cambiamenti del bisogno del soggetto. Il Pronto sociale domiciliare non può durare per più di un mese ma i singoli casi possono essere riesaminati dal Siast in modo da attivare un diverso percorso di assistenza.

Nel caso in cui il paziente ricoverato sia già seguito dai servizi sociali territoriali, allora l'assistente dell'ospedale concorda il programma di rientro a domicilio con il collega che segue il soggetto. In dettaglio a febbraio, primo mese di attivazione del protocollo, sono state otto le persone che hanno usufruito del servizio: quattro anziani (due uomini e due donne) e altrettanti adulti (tre uomini e una donna) ricoverati in ospedale per varie patologie (dalla frattura all'ernia passando per l'insufficienza renale cronica alla polmonite accompagnata da sindrome da immobilizzazione).

I risultati sono stati positivi soprattutto per quanto riguarda l'aspetto psicologico rendendo più facile e meno traumatico il recupero dell'autonomia dopo la malattia sia per il paziente che per i familiari. Inoltre il protocollo garantisce un'omogeneità di risposta ai bisogni e una forte integrazione tra intervento sanitario e sociale. Il prossimo passo è estendere il protocollo anche alle dimissioni ospedaliere di pazienti con un bisogno più complesso, non solo sociale quindi ma anche sanitario.

(mf)

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