PRATO – Si allungano i tempi per l’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri Ue, del regolamento che dovrà certificare la provenienza extra europea dei prodotti tessili, dopo l’ok pronunciato dalla Commissione lo scorso dicembre. “Bisogna superare l’opposizione di paesi come Germania e Regno Unito prima di poter cantare vittoria: tecnicamente l’iter per l’approvazione andrebbe avanti, se non fosse per le difficoltà politiche che rischiano di ritardarne l’avallo in sede di Consiglio.
Ricordiamoci che soltanto 10 paesi su 25 sono favorevoli all’etichettatura obbligatoria, ma ci sono buone probabilità perché, nei prossimi mesi, possa maturare una situazione più favorevole per i nostri interessi”.
A dichiararlo è Amedeo Teti, Direttore generale delle politiche commerciali per il ministero delle Attività produttive, ospite ieri sera - nella sede della Galleria di Palazzo degli Alberti, in Cariprato – di un incontro di Confartigianato Caffè, intitolato “Commercio mondiale.
Prospettive per il tessile dopo il vertice di Hong Kong”. Ed è stato proprio l’ultimo vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio il protagonista del dibattito moderato, per l’occasione, dal giornalista RAI Loris Gai che già a Hong Kong aveva avuto modo di incontrare il presidente di Confartigianato Imprese Prato, Stefano Acerbi.
Un vertice che è rimasto sostanzialmente irrisolto sul piano dei rapporti tra industria e agricoltura, con un rinvio dei negoziati a Ginevra.
“È paradossale – ha fatto notare Acerbi - che il criterio dell’apertura dei mercati, tanto sbandierato al WTO, non abbia poi un corrispettivo reale per le nostre produzioni che invece sono costrette a sostenere barriere tariffarie elevatissime quando si presentano all’estero. D’altro canto, il nostro compito è quello di aiutare il sistema delle piccole imprese a sviluppare massa critica e capacità di penetrazione sui mercati attraverso un salto di qualità che punti, da una parte, sull’aggregazione delle aziende, dall’altra sul superamento della dimensione individuale e individualistica del nostro modo specifico di fare impresa.
Le capacità non ci mancano: dobbiamo solo convogliarle nei binari giusti per l’accesso alle opportunità del credito e alle fonti di finanziamento”.
Ci sono, a questo punto, le condizioni per parlare di un futuro del prodotto italiano e del made in Italy? In proposito, Teti non ha dubbi: “Oggi come oggi serve una logistica italiana, non una rete di distribuzione che sia solamente in mano ai giganti nordeuropei. Perché il futuro del made in Italy risiede nella distribuzione organizzata, anche a livello di negozi e piccoli centri, non necessariamente nella grande distribuzione.
L’etichettatura obbligatoria comunque rappresenta un traguardo fondamentale per le produzioni italiane in quanto offre al consumatore la possibilità di scegliere ciò che acquista: non si tratta solo di una questione commerciale, ma anche sociale e culturale”.