Il Festival dei Popoli riparte dalle periferie

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 dicembre 2005 17:18
Il Festival dei Popoli riparte dalle periferie

Firenze, 1 dic. – Umanità e architettura si intrecciano per caratterizzare la prima giornata del 46° Festival dei Popoli (domani, venerdì 2 dicembre). Si alza il sipario su Djenné (ore 12, Aula Magna della Facoltà di Architettura di Santa Verdiana), città di fango sub-sahariana che resta in vita grazie al contributo quotidiano di tutti i suoi abitanti, per quello che sembra diventato quasi un rito.

La conflittualità nelle aree sub-urbane ci riporta poi alla stretta attualità.

A volo d’uccello passiamo dalla gabbia dorata di Nordelta, nei pressi di Buenos Aires (Nachbarn, ore 15, Aula Magna della Facoltà di Architettura di Santa Verdiana) - quartiere residenziale dal paesaggio artificiale che guardie armate proteggono dai vicini poveri di “Las Tunas”, impiegati dai “ricchi” come manovalanza – alla banlieu Commanderie Creil, in cui un gruppo di “ragazzi cattivi” (Les mauvais garçons, ore 17, Aula Magna della Facoltà di Architettura di Santa Verdiana) ci mostra la vita in uno dei ghetti parigini, poco prima della loro collettiva recente “esplosione”.

Ma alla prima del Festival c’è spazio anche per riflettere su famiglia e natalità con Uno virgola due (riferimento alla media di figli di una famiglia italiana, ore 16, Alfieri Atelier), con cui prende le mosse la sezione tematica “La famiglia del terzo millennio”, curata da Maria Bonsanti, e per un viaggio nella tradizione magica della “Taranta”, condotto da Paolo Pisanelli su quella che è ormai diventata la principale attrazione turistica del Salento (Il sibilo lungo della Taranta – prima italiana – ore 17.10, Alfieri Atelier).

Da segnalare anche l’inizio della retrospettiva (The perfect human, ore 22.45, Alfieri Atelier) su uno dei più importanti e fecondi registi europei degli ultimi anni, il danese Jørgen Leth, che sarà presente per tutta la durata del Festival dei Popoli, in qualità di giurato per il concorso internazionale.

Infine due esempi, estremamente diversi eppure legati da un filo rosso, del conflitto fra territorio e “sviluppo” neoliberista.

La natura incontaminata della repubblica ex sovietica della Georgia viene solcata da un gigantesco oleodotto (Un dragon dans les eaux pures du Caucase, ore 21, Alfieri Atelier), un “dragone di metallo” cavalcato dalle multinazionali e dal governo georgiano, con cui gli abitanti delle campagne dovranno in qualche modo fare i conti. Poi la seconda rivoluzione cinese; la rivoluzione “grigia”, fatta col cemento (The concrete revolution, ore 23, Alfieri Atelieri) che domina ormai l’antica Pechino.

Sono gli effetti della modernizzazione. Sulle spalle di milioni di operai arrivati dalle campagne nasce una nuova generazione di senza memoria, che hanno scelto di non voltarsi più indietro.

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