Marina di Carrara, 17 novembre 2005 – Il faro è il comune di Torino, dove le esperienze di coinvolgimento dei cittadini nel recupero di aree urbane sono cominciate nel lontano 1989 ed oggi il ‘progetto periferie’ è realtà consolidata. Ma nel corso degli anni è cresciuta la consapevolezza sull’utilità di pratiche di partecipazione nella progettazione urbanistica tanto da chiedersi se non sia arrivato il momento di trasformarle in stabili prassi di governo. Ne hanno discusso questo pomeriggio a ‘Dire & Fare’, assessori e dirigenti di molti comuni italiani durante il seminario ‘Tutti insieme appassionatamente’ promosso dal comune di Firenze.
Un incontro che ha messo a confronto le esperienze di Torino con quelle di La Spezia, di colonica, di Firenze, ma ha anche analizzato il significato del concetto di partecipazione, individuandolo come centrale per ricostruire un rapporto di fiducia con il cittadino. Le pratiche sono ancora da studiare e approfondire, ma ‘oggi esiste una cultura diffusa ed un fenomeno in crescita’ – dice Massimo Federici, assessore al piano strategico del comune di La Spezia. Nella fase attuale fatta di sperimentazione e di pochi momenti strutturati, “il punto è capire che la partecipazione è elemento di qualità democratica, non di delegittimazione degli istituti classici di democrazia rappresentativa” – precisa l’assessore alla partecipazione del comune di Firenze Cristina Bevilacqua, trovando d’accordo tutti i presenti.
Ma da Alberto Lalli uno dei responsabili del settore periferie del comune di Torino dove le pratiche di coinvolgimento della cittadinanza vanno avanti da almeno due mandati amministrativi, arriva un monito “l’argomento deve diventare di rilevanza nazionale, in quanto gli sforzi di coinvolgimento possono creare aspettative nei cittadini che poi venono frustrate dalle lungaggini dettate dalla legislazione nazionale sui lavori pubblici”.
Le nuove tecnologie devono necessariamente coordinarsi con la riorganizzazione dei processi produttivi interni della pubblica amministrazione.
È uno dei leit motiv del convegno “CST e dintorni” che ha visto confrontarsi a Dire&Fare i protagonisti dell’e.government di Piemonte e Toscana.
“Le nuove tecnologie ci spingono a rinunciare a quello che non è strettamente necessario per concentrarci sull’essenziale. Garantiscono inoltre un migliore controllo sociale sull’azione della Pa”, ha detto Agostino Fragai, assessore regionale alle riforme istituzionali ed al rapporto con gli enti locali.
Il direttore generale del dipartimento organizzazione e sistema informativo della Regione Toscana, Giancarlo Galardi, ha fatto notare come la pubblica amministrazione centrale non è stata in grado di dare vita in cinque anni ad un vero piano di e.government nazionale organico.
Nonostante questo fallimento il governo si arroga il diritto di dettare regole alle Regioni, circostanza paradossale dato anche il fatto che i suoi investimenti ammontano a solo il 10-11% delle risorse attivate in Toscana per l’e-government.
Un richiamo netto al “fare sistema” è venuto da Paolo Magnanensi, sindaco di Agliana. “Le politiche di e.government e per la società dell’informazione e della conoscenza – ha detto – vanno portate avanti tutti assieme altrimenti non sarà garantita la sostenibilità complessiva.