11/11/05 firenze- E’ stato, per citare solo le sue più recenti interpretazioni alla Pergola, Galileo Galilei, il mago Cotrone dei Giganti della Montagna, il Misantropo. Mariano Rigillo porta in scena dalla scorsa stagione il suo primo personaggio shakespeariano, Titus Andronicus un personaggio maestoso, pur nella sua spietatezza, che rivela un'assoluta modernità nelle molteplici contraddizioni e nell'accentuata disperazione esistenziale. Proprio il risvolto oscuro dell’efferatezza del potere di quest’opera shakespeariana e le tragiche assonanze con l’oggi sono alla base di questo primo incontro " La violenza del potere è una tigre spietata ed emozionante – sottolinea Rigillo - Era così quando Shakespeare scrisse il Titus Andronicus, è così oggi che la storia ha riportato l’uomo a una condizione bestiale di guerre ed atrocità."
Roberto Guicciardini sceglie di ricreare uno scenario di banchetti sontuosi e rituali di corte che ricorda la grandiosità della pittura rinascimentale e barocca componendo un grande affresco visionario dove, accanto a Rigillo, Anna Teresa Rossini presta fisicità e temperamento alla regina Tamora.
Questa tragedia della corruzione del potere è tanto più violenta quanto più attinge alle radici delle tensioni nascoste: Titus Andronicus appartiene alla produzione giovanile di Shakespeare, eppure ha già in sé l'intensità passionale dei personaggi e la forza del linguaggio che ne caratterizzeranno le opere più importanti.
E' l'affresco di una società dominata dalla sete di potere, dal desiderio di vendetta, dalla violenza più spietata; il ritratto di un'umanità circondata dall'orrore, che non smarrisce la sua fierezza e il suo eroismo. L'ambientazione è l'antica Roma delle invasioni barbariche: il generale Tito Andronico ritorna vittorioso dalla guerra contro i Goti, conducendo con sé la regina Tamora, accompagnata dai tre figli e dall'amante segreto, Aronne il Moro. Rispettando il rituale religioso, il generale, come ringraziamento per la vittoria ottenuta, sacrifica agli dèi uno dei figli della regina.
La crudeltà del gesto scatena una serie di omicidi sanguinosi, da parte di Tamora e dell'imperatore Saturnino, geloso dei successi di Tito Andronico. Il generale, sconfitto e abbandonato da tutti, consuma una vendetta cruenta e terribile coerente con l'efferatezza dei comportamenti e dei tempi, sullo sfondo di una società che arriva a giustificare con la ragion di Stato violenza e malvagità.