Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Vincenzo Valenzi, relatore all'incontro "Sviluppi della Creatività e Reti di Condivisione del Cambiamento" che avrà luogo a Firenze, il 21 novembre prossimo:
In un mondo sempre più estremizzato (antirelativistico, assolutista o presunto tale), rileggere la lezione sul Costante Mezzo di Confucio può essere utile. Così nelle nebbie fitte dello spirito odierno, quando la parola sembra sempre più passare la mano alle armi, appare non inutile cercare la luce dell’Oriente e in particolare le lezioni che possono venirci da uno dei primi Grandi Maestri dell’Uomo e della Società.
Molte massime di Confucio possono essere inattuali o superate dal tempo, ma molte altre sembrano scritte appena ieri, come quella con cui tutti noi buoni e cattivi, ricchi o poveri dovremmo fare i conti.
Il maestro disse: Le cose che mi preoccupano sono l’incapacità di coltivare la virtù, l’incapacità di approfondire ciò che ho appreso, l’incapacità di elevarmi a ciò che ho sentito essere giusto, l’incapacità di correggermi dove ho dei difetti. (non sembra una massima per la qualità totale?)
Per i leader il Maestro disse: Il mio allievo Hui approva ogni mia parola e quindi non mi aiuta.
A proposito di gossip, di malizie, o meglio di concorrenza sleale tra uomini (e anche donne) il Maestro disse: L’uomo elevato si sforza di rinsaldare negli altri gli aspetti positivi, mai quelli negativi.
L’uomo comune fa il contrario. Una massima su cui dovrebbero riflettere tutti i dirigenti di gruppi partiti e nazioni. La tendenza a competere con formule “Lui è peggio di me”, ha effetti deteriori, oltre che sul proprio sé, (che resta al massimo il meno peggio), anche sul sistema di riferimento (azienda partito stato ecc), dove aumenta il disordine e la conflittualità improduttiva in una gara al ribasso che di fatto paralizza la crescita individuale e di sistema in molte realtà obiettivamente arretrate (tra cui segnaliamo dolorosamente gran parte del Sud dell’Italia impegnato in gare a tagliarsi le gambe nei piccoli centri quasi timorosi che emergano realtà ed uomini di successo e potenti a dimostrare che anche lì si possono fare cose buone ed eccellenti).
È storicamente accertato che la chiave del successo di una società è data dalla crescita degli individui, in questo senso Confucio disse qualcosa su cui ancora vale la pena di riflettere: Volendo coltivare se stessi occorre prima regolare la propria mente. Questo vuol dire che quando si cade in preda alla collera, non è più possibile essere equilibrati. Lo stesso se si è in preda della paura, della gioia e della malinconia. Quando si è preda di questi sentimenti la mente è come assente, e allora anche se si guarda non si vede, anche se si ascolta non si sente, anche se si mangia non si coglie il sapore dei cibi.
Ecco perché volendo coltivare se stessi occorre innanzitutto regolare la propria mente. In proposito della lotta per il successo e la ricchezza, Confucio invocava il principio della lealtà e della Norma. Il Maestro disse: Parole astute e comportamenti subdoli hanno poco a che fare con l’elevazione dell’uomo. Poi aggiunse: Gli uomini aborrono la povertà e l’indegnità. Ciò nonostante, queste cose non vanno evitate se per farlo occorre impiegare mezzi e modi contrari alla norma.Sul tema della condivisone Confucio disse: L’uomo elevato che desidera raggiungere un punto elevato cerca di portare con sé anche gli altri.
Volendo capire, cerca che anche gli altri capiscano. In questo sta la forza dell’elevazione spirituale: offrire se stessi come esempio. Ci si può domandare che tipo fosse Confucio. A tale domanda rispose lui stesso parlando con un allievo: Un allievo riferì di aver incontrato delle difficoltà nel descrivere il Maestro: Confucio allora commentò: Perché non hai detto semplicemente, Egli è il genere di uomo che scorda di mangiare quand’è impegnato nella vigorosa ricerca della conoscenza, che ha in sé una tale gioia che scorda i propri affanni, e che non si accorge che la vecchiaia sopravanza.
In conclusione per Confucio l’uomo elevato presenta tre aspetti: da lontano è austero, da vicino è cordiale, quando parla è rigoroso.