Firenze – La vite una pianta medicinale? Il vino un farmaco naturale? Sì, purché buono, rosso, bevuto con moderazione e mai prima dei 30 anni, abbassa i rischi di prendersi il cancro, previene diabete e alzheimer, bilancia insufficienze cardiovascolari, aiuta l’attività sessuale e addirittura allunga genericamente la vita.
Parola di Hartmut Glossman, docente alla Medical University di Innsbruck, farmacologo e biochimico clinico di fama internazionale, che ieri in Palazzo Vecchio ha riferito sui risultati dei suoi studi più recenti agli 800 partecipanti al congresso mondiale della Society for Medicinal Plant Research in corso fino a giovedì a Firenze.
Health Benefits of Wine, i benefici effetti del vino sulla salute.
Questo il titolo senza equivoci della sua relazione, rinforzata da un intervento complementare (Herbal Medicine and Wine) di un altrettanto ben noto collega della Medical University di Innsbruck, il professor Michael Popp, patron della multinazionale tedesca Bionorica leader nel settore delle piante medicinali, nonché cultore della dieta mediterranea e da qualche anno appassionato vigneron sotto il sole di Majorca.
Non è affatto vero che l’alcol fa sempre male, ha detto Glossman.
E’ vero che whisky, cognac, brandy, vodka, gin e superalcolici in genere possono originare molti malanni, cancro compreso. Ma il vino, soprattutto rosso, è un’altra cosa. Il vino può far bene, sempre, s’intende, se bevuto da adulti e in quantità contenute. Polifenoli, tannini, resveratrolo, kamferolo e quercetina sono le principali sostanze benefiche contenute nel vino citate dal professore. Il quale ha ricordato due paradossi.
Il primo è che negli Stati Uniti, a dispetto di ogni evidenza scientifica, il vino continua a essere venduto con una vistosa etichetta che lo descrive indifferentemente pericoloso per la salute, senza nessuna distinzione tra prodotti di qualità, di provenienza e quant’altro.
Il secondo paradosso riguarda una recente ricerca di carattere sanitario sulla Francia occupata da nazisti.
Tra il 1940 e il 1945 il governo militare proibì la vendita di vino col risultato che nel periodo calarono sensibilmente i morti per cirrosi e altre cause riconducibili all’alcolismo, ma ancor più sensibilmente aumentarono tutti gli altri tipi di morti (ovviamente senza considerare le vittime della guerra).
Glossman ha ricordato una delle ultime ricerche dell’Università di Seattle in cui si dimostra che modiche quantità di vino abbassano il rischio di cancro ai polmoni e alla prostata.
Ha insistito sui nuovi studi sul diabete mellito, una vera pandemia del 20° secolo, secondo i quali il vino rosso in modiche quantità può agire beneficamente in termini di prevenzione. E ha ricordato che a fronte di una scarsa efficacia di tutti i farmaci anti alzheimer oggi sul mercato, ci sono ormai ben cinque studi clinici a dimostrare che un consumo moderato di vino rosso diminuisce del 50% le possibilità di ammalarsi.
Infine una serie di dati, diagrammi e immagini per dimostrare due fatti felici e divertire l’auditorio: 1) che il tasso annuo di mortalità tra 55 e 75 anni è assai più basso tra chi beve un po’ di buon rosso, mentre si impenna oltre lo standard tra chi beve troppo; 2) che il bicchiere giova eccome alle prestazioni sessuali del maschio in età, favorisce la circolazione e il flusso verso zone spugnose, garantisce insomma ottime erezioni.
Sempre se di modiche quantità si tratta.