Lo scorso 23 maggio 2005 Eurostat (l'ufficio statistico dell'Unione Europea), ha reso noto il suo giudizio negativo sui conti pubblici dell'Italia, mettendo definitivamente in luce uno degli aspetti più deleteri dell'alta velocità ferroviaria: chi ne paga i costi.
L'organismo europeo ha certificato che "tutto il debito emesso nel contesto della costruzione di collegamenti ferroviari ad alta velocità deve essere registrato come debito pubblico". Vale a dire che tutti i prestiti che le Ferrovie dello Stato (FS) hanno ottenuto dalle banche per questi lavori devono entrare a far parte del bilancio dello Stato.
Quindi sarà lo Stato che dovrà restituirli alle banche, con tanto di interessi.
Perché questa decisione è importante? Perchè i responsabili politici italiani - sia nazionali, che regionali, che locali - avevano sempre assicurato che l'alta velocità sarebbe stata finanziata al 60% dai "privati", riuniti in una società creata appositamente e chiamata "Treno Alta Velocità spa" (TAV spa).
Invece TAV spa è di proprietà delle FS, che a loro volta sono dello Stato.
Non più tardi di un paio di mesi fa, l'11 marzo 2005, il Comitato di coordinamento contro il polo estrattivo di Calenzano ha organizzato la presentazione del libro dell'ing.
Ivan Cicconi, ex capo della Segreteria Tecnica del Ministero dei Lavori Pubblici, su "Le grandi opere del Cavaliere", pubblicato da Koiné Nuove Edizioni. Durante l'iniziativa l'ing. Cicconi spiegò ciò che oggi Eurostat certifica: il castello di carte costruito per nascondere la realtà dei debiti contratti per l'alta velocità sarebbe crollato.
Cosa che sta puntualmente avvenendo. Secondo Eurostat questi debiti hanno contribuito ad aumentare il deficit dello Stato (cioè la differenza tra le spese e le entrate) oltre il limite previsto dai Trattati dell'Unione Europea, il famoso rapporto del 3% tra deficit e Prodotto Interno Lordo (PIL).