Potrebbe apparire insolito accostare una cittadina tradizionalmente legata all’industria e al commercio alla pittura del Seicento, a maggior ragione se di matrice caravaggesca. Eppure è proprio Pontedera, vivace cittadina della Valdera, ad ospitare, dal 18 marzo, presso il Museo Piaggio Alberto Agnelli, la mostra “Luce e ombra. Caravaggismo e naturalismo nella pittura toscana del Seicento”. In realtà l’iniziativa è perfettamente in linea con quella giovane politica di decentramento che tende ad ubicare grandi mostre nella periferia della Toscana, coinvolgendo in un percorso itinerante, dipinti poco noti sul territorio, qui con particolare riferimento alla Valdera.
Sul finire del Cinquecento, superata l’esperienza della maniera, artisti toscani o d’adozione iniziano a guardare la natura con occhi nuovi e un insolito spirito indagatore.
La loro opera è oggi oggetto della rassegna, promossa dal centro per l’arte Otello Cirri, con la collaborazione della Fondazione Piaggio, della Provincia di Pisa e dell’Università di Siena. L’esposizione, curata da Pierluigi Carofano, presenta 61 opere di artisti toscani afferenti all’area caravaggesca. Si tratta in gran parte di dipinti da stanza, destinati al collezionismo privato, dunque ancora più interessanti perché molti di essi inediti in Italia. Assenti i capolavori di Caravaggio, tocca ad un manipolo di naturalisti toscani, riesumati da recenti restauri o da sedi poco note, ricordare il maestro.
E basta osservare tele come “Il riposo durante la fuga in Egitto”, per capire che la lezione è stata appresa perfettamente. Il dipinto, opera del pisano Orazio Gentileschi, per la prima volta in Italia, dopo un solo precedente espositivo a Tokyo, è il prototipo delle più note versioni di Vienna e Parigi. È stato oggetto di ben 14 anni di studi, offrendo interessanti tracce sottostanti di altre due pitture, “La pentecoste” e “Il sacrificio di Isacco”. Fra le opere di maggior rilievo spiccano poi il “Ritratto di medico”, di Pietro Paolini, di cui si conservava solo memoria fotografica ed una raffinata sezione di nature morte.
La rassegna permette inoltre di saggiare i risultati scientifici di dieci anni di intenso lavoro di equipe, volto ad indagare la committenza e il collezionismo nella Toscana del Seicento, a Firenze, Lucca, Siena e Pisa. Pitture sacre o di genere, soggetti a sfondo epico-tragico o allegorico, nature morte: queste le sezioni in cui si articola la mostra, illustrando le esperienze naturaliste e veriste di Santi di Tito, Cimenti, Boscoli, magistralmente intrecciate con la tradizione disegnativa fiorentina, la vena scientifica del Cigoli, in diretto contatto con Galileo e l’anatomista svizzero Mayerne.
La tensione al naturale, condivisa dai senesi Casolani, Vanni e Salimbeni, si fa ancora più spiccata nei ritratti di piccolo formato o cataletti. Il percorso espositivo si conclude con i capolavori dei caravaggeschi toscani: Orazio Gentileschi e la figlia Artemisia, incline alla drammaticità nell’inedita “Maddalena penitente”, Tornioli, Manetti, Paolini, Allori e Riminaldi, con il sensuale “Amore vincitore”, da confrontare con la versione più tarda conservata a Palazzo Pitti. La mostra è visitabile fino al 12 Giugno, dividendosi in due sedi: il Centro per l’arte Otello Cirri, che ospita le sezioni “Esempi di pittura riformata in Toscana” e “Naturalisti toscani” e il Museo Piaggio, dove è invece allestita la sezione “Caravaggeschi toscani”.
Sara Montesi