Questi accordi nella quasi totalità dei casi (vedi quelli firmati per alcuni Comuni della Toscana e a livello nazionale) prevedono il riconoscimento della sospensione della collaborazione per il sopraggiungere di malattia e maternità, senza nessun compenso. Il diritto all'assemblea non viene retribuito e così neanche il periodo di riposo (ferie). Il salario percepito è quello corrispondente ai lavoratori dipendenti ma al netto, quindi privo di tutta quella parte che l'azienda trattiene. Altri contratti, mantenendo le stesse regole, come laccordo dell'Università di Siena e quello firmato in questi giorni al Comune di Scandicci, prevedono che la malattia verrà retribuita´, finanziata attraverso una quota a carico dell'Ente ed una parte dal co.co.co.
E´diversa l'esperienza alla provincia di Bologna, dove é previsto: che tutti i lavoratori attualmente cococo dovranno essere assunti dagli enti; che nella fase transitoria a tutti/e deve essere garantita maternità, malattia, infortunio attraverso il servizio pubblico al pari dei lavoratori dipendenti; che dovranno essere retribuiti sia i periodi di riposo, sia le assemblee; che il salario dovrà essere corrispondente al costo effettivo del lavoro di un dipendente che svolga pari mansioni.
Negli appalti la situazione é peró che non c'è nessuna differenza di autonomia e mansioni tra loro e i lavoratori dipendenti, o soci di cooperative.
Una precarietà che aumenterà ulteriormente dopo che la Regione Toscana ha approvato la delibera sulla base della quale si da il via alle “Agenzie per la Somministrazione di Lavoratori” (il vecchio lavoro interinale) previste dalla Legge Biagi, immediatamente recepita dal Comune di Firenze per utilizzare, almeno per ora, i lavoratori esterni nei cimiteri.