“La riforma proposta dal ministro Moratti per le scuole superiori, così come viene configurata dalla bozza pubblicata sul sito del Ministero della pubblica istruzione, crea di fatto una scuola classista: lo schema presuppone la formazione, nei licei, di una classe dirigente che ‘sa parlare’, mentre negli istituti professionali, peraltro affidati alle Regioni, una classe che ‘sa fare’. E’ evidente che la scelta di una delle due strade viene pesantemente influenzata dalla condizione socio-economica e culturale di provenienza”.
Lo ha dichiarato l’assessore provinciale alla Pubblica istruzione Marzia Monciatti, aprendo i lavori di un importante convengo nazionale sulla scuola, promosso dalla Provincia e dal Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) con la collaborazione dell’Istituto degli Innocenti, all’indomani della pubblicazione sul sito del Ministero della pubblica istruzione della proposta di riforma delle Superiori. La prima parte dei lavori si è svolta nell’Istituto degli Innocenti; la seconda, invece, nel pomeriggio, presso l’Istituto Salvemini, in forma di forum di discussione e tavole rotonde su laboratori, piani di studio personalizzati, tutor, stato giuridico dei docenti e proposte per la nuova scuola.
Dopo i saluti dell’assessore della Provincia Marzia Monciatti, di quello del Comune Daniela Lastri, dell’Istituto degli Innocenti Alessandra Maggi e del presidente del Cidi di Firenze Carlo Fiorentini, sono intervenuti Giancarlo Cerini (Ispettore tecnico dell’Emilia Romagna), Domenico Chiesa (Presidente nazionale del Cidi), l’assessore regionale alla Pubblica istruzione Paolo Benesperi e una rappresentante dell’Irre Toscana.
Se da una parte si è registrato un cambiamento di metodo da parte del ministro Letizia Moratti (“ha proposto una bozza alla nostra discussione”, Domenico Chiesa), dall’altra i contenuti prospettati hanno suscitato reazioni trasversali negativi tanto che anche Forza Italia ha chiesto la convocazione degli Stati generali sulla scuola.
“Per quanto ci riguarda – ha osservato Monciatti – cercheremo nonostante i tagli della Finanziaria di mettere in campo politiche di riduzione del danno. A giudicare dalla reazioni, spero che il ministro ascolti e modifichi la bozza di riforma”. “E’ da trent’anni – spiega Carlo Fiorentini, del Cidi – che aspettiamo la riforma delle scuole secondarie, ma si è scelto prima di operare una sorta di controriforma verso le scuole primarie, già riformate in modo significativo. Non c’era bisogno di fare tutto questo alle scuole di base.
Sarebbe fideistico opporsi a tutto, ma l’operato del Ministero ha creato disagio, frustrazione e rassegnazione. Si fanno i conti con le riforme senza alcun entusiasmo”. Su questa lunghezza d’onda anche Giancarlo Cerini, Ispettore tecnico dell’Emilia Romagna, che ha svolto un’ampia riflessione su ‘Cosa succede nella scuola di base’? Per Cerini emerge nella scuola un disagio verso i cambiamenti intervenuti in questi ultimi tre anni, perché “è mancato un dibattito, una ricerca condivisa di soluzioni, il coinvolgimento degli operatori della scuola”.
Ci si interroga sul significato di termini come personalizzazione, obiettivi formativi, unità di apprendimento, che non possono essere “solo un lessico pedagogico imposto alla scuola”. Ci sono in gioco i saperi e le competenze di base “da garantire a tutti i ragazzi, in una prospettiva europea”. In particolare il concetto di personalizzazione andrebbe visto all’interno dell’unitarietà del gruppo classe. Gli obiettivi vanno sintetizzati “in traguardi essenziali, con standard di riferimento per la valutazione; la flessibilità va ricondotta ad un progetto della scuola, non al mercanteggiamento ed alla privatizzazione”.
Le funzioni tutoriali, infine, “devono rispettare valori di collegialità, pari responsabilità”. Insomma “la scuola oltre la riforma è una scuola che si interroga con serietà e professionalità sui suoi compiti”, cosa finora mancata.