FIRENZE – L’esercizio 2003 si chiude con un disavanzo effettivo di 237,9 milioni di euro. Tale cifra scaturisce da un avanzo di amministrazione di 1.668,6 milioni di euro, cui si contrappone il cosiddetto ‘avanzo vincolato’, cioè il totale dei vincoli giuridici non ancora tradotti in impegni di spesa, per complessivi 1906,6 milioni di euro. Ma dal punto di vista politico il dato importante è che per il quinto anno consecutivo è stato possibile far fronte agli impegni assunti nei vari esercizi senza far ricorso a nuovo indebitamento, grazie ad una attenta gestione della cassa.
Lo ha sottolineato il consigliere Ilio Pasqui (Democratici di sinistra), che ha svolto la relazione di maggioranza sul rendiconto 2003 della Regione Toscana. “Praticamente per l’intera legislatura la pressione fiscale è rimasta pressoché invariata – ha affermato – e chi verrà dopo di noi troverà una situazione di indebitamento complessivo assai più contenuto e con margini di manovra fiscale più consistenti”. Inoltre, sempre secondo Pasqui, il positivo giudizio della Corte dei Conti sul rendiconto 2003 deve dare tranquillità all’intero Consiglio sulle scelte effettuate.
Da qui alcune considerazioni: il disavanzo è solo frutto del mancato ricorso a nuovo indebitamento; nel settore sanitario i conti della Toscana sono risultati in equilibrio; la capacità di impegno, per quanto riguarda le spese di investimento, migliora di cinque punti percentuali, dimostrando una buona ed efficiente gestione della Regione. Altro discorso per l’aspetto della cassa: al 30 aprile risultano ancora da incassare risorse statali per complessivi 940 milioni di euro. Per Iacopo Ferri (Forza Italia) il rendiconto presenta alcuni punti di criticità: dal versante cassa alle cautele sull’indebitamento; dagli investimenti sulla sicurezza al personale della Regione, dove il ricorso a consulenze esterne è sempre alto.
Di opinione diversa Giovanni Barbagli (Rifondazione comunista) che, dopo aver accennato al giudizio preoccupante della Corte dei Conti in materia di federalismo, si è soffermato sul contenimento della spesa sanitaria, sui ritardi nella riscossione dei gettiti, sulla scarsa capacità di investimento in alcuni settori, ad esempio l’ambiente. Anche l’assessore Marco Montemagni, partendo dal giudizio della Corte dei Conti e definendolo “largamente positivo”, ha riconosciuto che sia il bilancio di previsione che il rendiconto hanno mantenuto un effettivo equilibrio finanziario e che è stato rispettato il patto di stabilità interno, sia per quanto riguarda il complesso delle spese regionali sia con riferimento allo specifico comparto della sanità.
Il dibattito si è chiuso con le operazioni di voto che, come previsto dallo Statuto, si sono svolte per appello uninominale, registrando il parere contrario della Casa delle Libertà e il parere positivo dei gruppi di maggioranza e di Rifondazione comunista. Sul rendiconto 2003 è intervenuto anche Paolo Marcheschi (Forza Italia), presidente della Commissione di controllo ex art. 54 dello Statuto, che ha ricordato come, a partire dal 1998, il rendiconto della Regione sia stato corredato dal Rapporto di gestione, che nel tempo si è andato via via modificando.
Nell’esercizio 2003 sono stati monitorati i risultati relativi allo stato di attuazione delle politiche di intervento, delle spese riclassificate per fattori di produzione; del consolidamento della spesa pubblica toscana; della verifica delle politiche regionali e degli enti locali sulle funzioni trasferite e delegate. Sul rapporto di gestione il Consiglio regionale ha quindi approvato a maggioranza una proposta di risoluzione che, da un lato, esprime apprezzamento per questo strumento operativo per gli amministratori e, dall’altro, sottolinea la necessità di potenziare l’analisi finanziaria non solo sulle risorse impegnate, ma anche sulle politiche che non hanno ottenuto gli effetti ipotizzati e che dovrebbero quindi essere sottoposte a revisione.
Aumentare e qualificare le relazioni con i Paesi extraeuropei, sostenere lo sviluppo produttivo valorizzando i contesti locali, coniugare competitività internazionale e coesione sociale, puntare sulla qualità del lavoro, sviluppare le infrastrutture, qualificare il sistema toscano del welfare.
Sono le sei priorità strategiche del Documento di programmazione economica e finanziaria 2005, approvato oggi in Consiglio regionale.
Il Dpef, documento di raccordo tra il Piano regionale di sviluppo e i bilanci annuali, dà attuazione alla programmazione regionale individuando una serie di piani integrati e di “funzioni obiettivo”, ognuna con un suo budget ed un elenco di azioni più specifiche da implementare. Globalmente, le entrate previste a legislazione vigente per il 2005 ammontano a 6.237,25 milioni di euro, a fronte di spese che arriveranno a 6.905,05 milioni.
E’ previsto quindi uno squilibrio di 667,80 euro, cui la Regione farà fronte con il ricorso al credito, per 537,38 milioni, e con una manovra di bilancio, che lascerà comunque invariata la pressione fiscale, per 130,22 milioni. L’83% delle entrate sarà destinato alla copertura della spesa sanitaria (5.184,68 milioni di euro). Il Dpef parte dalla constatazione di una situazione di incertezza sia a livello economico, con un quadro internazionale non ancora chiaro, che a livello istituzionale, con una riforma federalista che registra ritardi, specie sul fronte del federalismo fiscale.
Gli indicatori economici danno comunque la Toscana in leggera crescita (+1% del Pil nel 2004, +2% nel 2005). Il Dpef, che porta a compimento i cinque anni di questa legislatura, punta allora sul rafforzamento dei fattori-chiave sui quali la Giunta si è concentrata anche negli anni scorsi - il sostegno all’innovazione, la buona occupazione, la qualità, il programma straordinario degli investimenti – uniti a politiche di contenimento della spesa corrente e alla scelta di mantenere invariata la pressione fiscale.
Si prevede la possibilità di una nuova manovra di fiscalità ambientale, che sarà però compensata da agevolazioni di pari importo. Il Documento è stato illustrato in aula dal presidente della commissione Affari istituzionali, Varis Rossi (Ds). Rossi ha sottolineato la forte condivisione già registrata sul Dpef sia in fase di concertazione che nelle consultazioni, confermata anche dall’esplicito richiamo che il testo fa al Patto per lo sviluppo recentemente siglato tra la Giunta e le parti sociali.
Molte delle previsioni del Dpef, però, secondo Rossi dipendono da fattori esterni, in primo luogo dall’attuazione del federalismo fiscale, i cui ritardi rischiano di mettere a rischio il sistema del welfare ed il sistema sanitario. “La questione della finanza pubblica sta diventando sempre più qualcosa che può far saltare l’equilibrio democratico tra le istituzioni del nostro Paese – ha detto – Per le Regioni e le autonomie è ormai matura l’esigenza di aprire una battaglia su questo fronte”.
La relazione di minoranza, per il centro-destra, è stata svolta da Angelo Pollina (FI), che non ha risparmiato critiche al Governo regionale. “Il Dpef dovrebbe porre le condizioni per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini – ha esordito - Invece per la Toscana sancisce in modo inequivocabile il fallimento di una stagione di governo che fa registrare risultati negativi su tutti i fronti”. Questi i dati forniti dal consigliere: il Pil, che nel periodo ’95-2001 era cresciuto del 2,2% l’anno, è passato allo 0,2 del 2002 e allo 0,1 del 2003.
Le esportazioni di beni sono diminuite del 4% nel 2002 e del 6% nel 2003. L’occupazione nel settore industriale ha fatto registrare una contrazione di 20.000 posti di lavoro nel biennio 2002-2003. Il fatturato nel settore dell’artigianato è diminuito di oltre il 4%. Il Dpef, di fronte a questa situazione, per Pollina non presenta elementi di novità rispetto agli anni precedenti, anzi si caratterizza per “contraddizioni”, “fumosità” e “scarsa concretezza”.
Non voterà a favore ma neppure contro Rifondazione comunista.
Relativamente al Documento di programmazione economica e finanziaria su cui è in corso il dibattito in Aula consiliare, infatti, il capogruppo di Rifondazione in Consiglio regionale, Giovanni Barbagli, ha preannunciato l’astenzione al termine di un’analisi critica del documento rispetto al quale Barbagli ha detto tuttavia di “apprezzare il tentativo di fare una serie di scelte” anche se “il patto di stabilità e crescita toscano va seriamente rivisto”. Per Barbagli molte scelte strategiche del Centrosinistra, specie quelle riguardanti i servizi sociali ed i diritti fondamentali, devono essere rimesse in gioco.
“Non si può non essere condizionati da queste valutazioni”, ha precisato il capogruppo di Rifondazione. Che poi ha invitato la Giunta regionale a “governare non solo la spesa ma anche i processi”. La leva fiscale non può essere disgiunta da quella finanziaria, secondo Barbagli, che in conclusione di intervento ha detto che “in molte occasioni la Giunta toscana ha messo in atto strumenti che non sembrano capaci di muovere l’economia”. Un apprezzamento per la scelta di Rifondazione di andare verso l’astensione è stato espresso da Luciano Ghelli dei Comunisti italiani.
“L’astensione di Rifondazione comunista è un fatto nuovo ed importante”, ha detto Ghelli, “non solo perché prima votava contro ma anche e soprattutto perché è un segno tangibile di quella volontà, come è stato detto, di costruire un’alleanza di Centrosinistra che vada da Clemente Mastella a Fausto Bertinotti”. Poi, passando ad analizzare il documento economico, Ghelli ha detto che “esso si inserisce nella politica economica e finanziaria del Centrosinistra” e “contiene scelte importanti” anche se “la Giunta toscana deve proseguire il lavoro sulle precarietà” e “dare qualche risposta in più”.
Ha aggiunto Ghelli: “Noi in Toscana, a livello di classe dirigente, non abbiamo dei fuoriclasse bensì dei grandi passisti, uomini concreti che in virtù del loro agire riescono ad ottenere la fiducia della gente, ma dobbiamo migliorare ancora il nostro impegno”. Lorenzo Zirri di Forza Italia ha evidenziato la “incapacità del Centrosinistra di mettere in campo una coerente linea programmatica”. Secondo Zirri la Toscana “prima nell’abitudine ad autompromuoversi è ultima in quasi tutti gli indicatori economici e di sviluppo”.
Le realtà critiche, secondo il capogruppo di Forza Italia, sono molte in Toscana. Inoltre “vi è una mancanza di corrispondenza fra le previsioni ed i risultati effettivi”. Troppe sono le enunciazioni di principio e troppo pochi i fatti concreti, secondo Zirri. Che in conclusione ha affermato che “non sono state adeguatamente valutate le operazioni del Governo nazionale” ed infine che “non c’è stata la volontà di abbassare la conflittualità col Governo per realizzare la sussidiarietà verticale e quella orizzontale di cui spesso si parla”.
Pieraldo Ciucchi dei Socialisti democratici è stato critico ma ha anche detto di intravedere delle potenzialità che vanno favorite. “Vi è un cenno di ripresa”, ha detto Ciucchi, “ma bisogna fare in modo che le pallide luci che si intravedono all’orizzonte, come ad esempio nel settore della moda, non rimangano tali” perché “attualmente esse non offrono sostanziali affidamenti”. Ciucchi non ha esitato a sottolineare che “l’economia toscana ha bisogno di un salto di qualità” perché “ci sono settori in caduta libera” e “il tasso di crescita regionale è al di sotto della media nazionale”.
In virtù di tutto ciò, secondo Ciucchi, “i problemi di una riorganizzazione del sistema economico in Toscana sono ormai all’ordine del giorno e non più rinviabili”. Ma perché la “svolta possibile sia davvero realizzabile”, secondo Ciucchi, “occorre la collaborazione di tutte le categorie economiche toscane, altrimenti il tutto diventa un esperimento di ingegneria istituzionale”.
“La pigrizia del ‘continuismo’ della Giunta regionale è perfetta dal punto di vista burocratico e si basa sul consenso dell’elettorato e sulla non competitività a livello politico”, ha affermato Maurizio Bianconi (An).
Per il consigliere il programma di investimenti straordinari proposto nel Dpef non è risolutivo, inoltre, ripetere che il Governo nazionale non concede risorse adeguate costituisce un alibi. “E’ necessario cambiare rotta, serve una disposizione politica e culturale all’innovazione, per una crescita economica che non si basi solo sulla speculazione fondiaria ed edilizia”, ha aggiunto. Di diverso parere Fabio Roggiolani (Verdi), per il quale il ‘continuismo’ rappresenta scelte coerenti che garantiscono buoni risultati.
“La logica di bilancio della Toscana è stata definita ‘calvinista’ per il suo rigore fin dai tempi di Vannino Chiti – ha affermato il consigliere – Ci consente di mantenere una riserva per poter investire sul futuro”. I rischi maggiori al modello toscano, per Roggiolani, arrivano dalla difficile congiuntura internazionale, dalla competitività dei paesi orientali come la Cina e dalle scelte errate del Governo. “Fra le scommesse anche economiche del futuro c’è la sostenibilità ambientale che, congiunta al risparmio energetico e all’innovazione tecnologica, offre grandi opportunità alle imprese”, ha detto Roggiolani.
E’ anche intervenuto il presidente della Giunta Claudio Martini per annunciare che la compagnia di rating Standard & Poor’s ha proprio oggi deciso di retrocedere l’Italia e di conseguenza le sue Regioni in un categoria inferiore a causa del debito pubblico. “Questo avrà come effetto principale il fatto che per la Regione Toscana aumenterà il costo del denaro”, ha detto il presidente. Per Martini questo è la conseguenza dell’inadeguatezza del Governo nazionale. “Negli anni precedenti abbiamo più volte affermato e dimostrato che il modello organizzativo socio-sanitario produceva un incremento dei costi, perché non fondato sui principi di economia aziendale e responsabilità – ha detto la consigliera Anna Maria Celesti (Fi) – Ma in questo Dpef non ci sono indicazioni sullo stato di salute reale dell’azienda regione”.
Per la Celesti, inoltre, il documento indica lo stanziamento delle risorse ma non valori di risultato. “Gli amministratori che si sono succeduti fino ad oggi hanno spesso prodotto e distribuito a nuove clientele tanti e nuovi debiti, come alle Ipab e ai consorzi di area vasta”, ha aggiunto. Per il consigliere Franco Banchi (Udc), prosegue il ‘continuismo’ che si evince dal Dpef al quale c’è da aggiungere l’assenza di concretezza. “E’ necessario fare interagire due questioni, che troppo spesso risultano separate, da un lato l’unicità del vivere bene in Toscana, dall’altro la necessità che proprio la Toscana si apra alla globalizzazione mondiale, coniugando identità e competitività”, ha affermato il consigliere.
A volte invece, secondo Banchi, c’è la sensazione che la schizofrenia toscana porti a non scegliere, con il rischio che la regione non si apra alle opportunità che vengono dal’esterno. Nell’intervento conclusivo l’assessore al Bilancio Marco Montemagni ha riassunto le linee principali del Dpef e replicato alle critiche del centro-destra. “Il Dpef 2005 si colloca in uno scenario complessivo caratterizzato da una sostanziale stagnazione dell’economia europea, italiana e toscana – ha detto – Mentre i primi segnali di ripresa nel 2004, sul fronte delle esportazioni e della produzione industriale, sembrano confermare l’impressione di un’inversione del ciclo”.
Per Montemagni, i punti di forza del provvedimento sono il rafforzamento dei processi di innovazione, la continua ricerca della qualità, l`attenzione verso la `buona` occupazione, la coesione sociale, l`innalzamento del livello dei diritti di cittadinanza, l`individuazione di soluzioni finanziariamente sostenibili alle problematiche emergenti che vengono dalla società. “Con il Dpef 2005 la Giunta Regionale conferma lo sforzo già portato avanti l’anno scorso, di utilizzare ogni spazio consentito dal bilancio regionale per impostare interventi su questi fattori – ha spiegato l’assessore - e, in particolare, per mettere in atto il più ingente Programma straordinario di investimenti pubblici mai effettuato in Toscana”.
Il Documento di programmazione economica e finanziaria 2005 è stato approvato dal Consiglio regionale con il voto favorevole della maggioranza, il voto contrario del centro destra e l’astensione di Rifondazione Comunista.
In sede di dichiarazione di voto Roberto Caverni, a nome del gruppo di Forza Italia, annunciando il voto contrario ha sottolineato come il paese sconti il peso di problemi che vengono da lontano, in particolare il debito pubblico che si è accumulato negli anni. Quanto alla Toscana, il forte deficit di infrastrutture ha limitato la crescita, così come la dimensione troppo piccola delle imprese impedisce di reggere il confronto con l’internazionalizzazione. “La Toscana non cresce da dieci anni – ha detto Caverni – e questo Dpef non tiene conto di quanto sta accadendo a livello regionale.
Nel documento c’è poca innovazione; e se per la ricerca si tenta di fare qualcosa, il credito e l’internazionalizzazione sono legati a due vecchi organismi stereotipi, Fidi Toscana e Toscana Promozione, che hanno dimostrato di non funzionare”. Il capogruppo dei Ds Paolo Cocchi, illustrando il voto favorevole del suo gruppo, ha puntato l’indice contro la politica del governo nazionale, che prima ha negato la crisi, poi fatto credere che se ne sarebbe usciti facilmente. “Avere un approccio serio è invece necessario – ha commentato Cocchi – ed è quello che in Toscana si è fatto.
Si è cercato di orientare gli strumenti del governo regionale per rafforzare le aree particolarmente deboli, alzare selettivamente la qualità degli interventi, rimettendo la prua della barca nella direzione giusta. Abbiamo dato un messaggio serio, operoso, onesto; altrettanto non è stato fatto al livello del sistema paese”. Voto contrario anche quello annunciato da Maurizio Bianconi di Alleanza nazionale, il quale ha sottolineato che è dal ’95 che il suo gruppo insiste sulla necessità di una politica di sviluppo fondata sull’adeguatezza delle infrastrutture e sull’industria di qualità, così come ha sempre criticato la politica distrettuale.
“Tutte cose che voi affermate oggi – ha commentato Bianconi -. Solo che ci siete arrivati a capirle con otto anni di ritardo. E’ inoltre necessario che la Regione crei i presupposti dell’economia, non che controlli tutto”. Insieme al Dpef è stata anche votata e approvata a maggioranza una proposta di risoluzione presentata dalla IV Commissione consiliare. Come ha spiegato il presidente della Commissione Federico Gelli, nella risoluzione, pur esprimendo a maggioranza un giudizio positivo sulle parti del documento attinenti alle politiche sociali e alle politiche sanitarie, si chiede alla Giunta di impegnarsi a intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire in Toscana “l’appropriatezza di cura nelle strutture sanitarie di tutto il sistema regionale, gli investimenti nella ricerca scientifica, il reperimento delle risorse necessarie per il funzionamento e la garanzia di qualità del sistema sanitario regionale”.
Contro la proposta di risoluzione ha votato il centrodestra perché, ha spiegato Annamaria Celesti di Forza Italia, “una risoluzione di buoni intenti non basta, questi temi dovevano essere inseriti dentro il documento”. Opportuno invece, secondo Giovanni Barbagli di Rifondazione Comunista, mettere l’accento su questioni come la certezza delle risorse e l’appropriatezza di cura. Oltre al Dpef, il Consiglio ha approvato anche l’assestamento e la seconda variazione al bilancio preventivo 2004 e al bilancio pluriennale 2004-2006.
Mentre il primo provvedimento è di natura essenzialmente tecnica e si limita ad adeguare il bilancio al rendiconto 2003, il secondo – hanno spiegato il presidente della commissione Affari istituzionali, Varis Rossi, e l’assessore al bilancio, Marco Montemagni – dipende soprattutto da nuove disposizioni contenute nella legge finanziaria 2004, che costringono a rivedere alcune voci del bilancio regionale. La finanziaria infatti ha stabilito delle restrizioni alla possibilità per le Regioni di ricorrere all’indebitamento per le spese di investimento.
In particolare, non è più possibile utilizzare mutui per le spese destinate a soggetti privati. La Toscana finora ha utilizzato queste forme per concedere contributi in conto capitale alle imprese e per avvalersi di organizzazioni non profit in campo sociale. La variazione di bilancio serve allora, soprattutto, per riformulare tutte le voci sulle quali incide la modifica. L’assessore ha sottolineato che tutte le Regioni si sono opposte a questo cambiamento, giudicato troppo rigido.