Viareggio – Che cosa ne pensano del doping gli eroi della domenica? Un sondaggio in proposito è stato realizzato in queste settimane dall’Associazione Calciatori e i risultati saranno pubblicati sul numero di giugno del Calciatore, il mensile ufficiale dell’Associazione. Ne ha dato notizia Piero Volpi, consulente sanitario dell’Associazione, intervenendo oggi a Viareggio al congresso europeo dei medici del calcio organizzato dalla Lamica.
“Abbiamo inviato un questionario agli oltre 2000 associati, dalla C2 alla serie A e abbiamo ottenuto 1050 risposte da circa il 50% del campione”, ha detto Volpi, “Per quanto anonime, ne senso che non sono riconoscibili, le risposte testimoniano complessivamente una crescita e una presa di coscienza decisamente positive.
Siamo dunque molto soddisfatti nel rilevare questa sensibilità dei giocatori, segno che il lavoro fatto in questi anni ha dato i frutti sperati”.
I vertici della Federazione Medico Sportiva, il presidente Giorgio Santilli e il responsabile della commissione medico scientifica Luigi De Luigi, hanno invece annunciato la prossima pubblicazione di una ricerca su ben 32 mila praticanti, soprattutto giovani e giovanissimi. “L’Italia”, hanno spiegato, “è il solo Paese in cui si prevede l’obbligo della visita medica per praticare uno sport.
Grazie a questa ricerca, che sarà pubblicata in ottobre su Medicina dello Sport, il mensile della MMSI, abbiamo scoperto che il 10/20% dei soggetti dichiarati idonei soffre in realtà di un vasto numero di patologie, dall’ipertensione alla scoliosi, dalle allergie all’asma. Patologie che possono degenerare senza interventi opportuni. Da qui l’importanza della prevenzione”.
Il dibattito della congresso dei medici del calcio si è comunque concentrato sulla gestione dei team professionistici e sull’infortunistica in relazione al moltiplicarci degli impegni.
Definitivo, per capire il problema, il racconto di Valter Di Savio, preparatore del Real Madrid. “A fine stagione la squadra è crollata fisicamente”, ha detto, “Ormai le esigenze economiche delle società sono tali che non lasciano più tempo alla preparazione. L’estate scorsa il ritiro precampionato è consistito in una tournée in Asia di 18 giorno: Cina, Giappone, Corea, Honk Kong, jet leg, fai e disfai valigie, 4 incontri in altrettanti nazionali, poi di nuovo in Spagna per ricominciare una stagione con 50/60 incontri.
Questa è la situazione ed è impensabile tornare indietro”.
Più impegni uguale più infortuni. Secondo la più recente ricerca Uefa condotta sulle equipe della Champion League, durante gli allenamenti ci s’infortuna ormai (44%) come durante le gare (45%), mentre un tempo la proporzione era 20 a 70. Un chiaro segnale che le patologie più frequenti hanno causa nel sovraccarico di lavoro, nello stress e nella mancanza di concentrazione.
La situazione è addirittura paradossale in Inghilterra, dove la gestione medico sportivo dei calciatori è quasi all’anno zero.
“Infortuni in allenamento?”, dice Bernardino Petrucci, medico del Chelsea, “Pochissimi, quasi nessuno. Come mai? Semplice: dovendo giocare una partita ogni 3 giorni ormai non ci allena più”.
Finisce, come ricorda il vicepresidente della Lamica, Pasquale Tamburrino, che ormai medici e preparatori hanno solo il tempo per attrezzare l’atleta a farsi meno male possibile. Al punto che Roberto Sassi, preparatore del Chelsea, propone di gestire i calciatori con il “minutaggio”. “Bisognerà arrivarci”, sostiene, “Come i ciclisti possono partecipare solo a un certo numero di gare, così nell’arco di una stagione i calciatori potranno giocare solo un certo numero di minuti.
Altrimenti non c’è panchina lunga che tenga”.