Saranno resi pubblici gli atti - tutti archiviati per impossibilità di individuare i responsabili - che riguardano 14 eccidi avvenuti in Toscana ad opera dei militari tedeschi che uccisero più di 450 civili, tra i quali donne, vecchi e bambini.
Si è conclusa con il rinvio a giudizio dell’ex tenente delle SS, Hermann Langer, l’udienza preliminare del Tribunale Militare di La Spezia per la strage della Certosa di Farneta (Lu) del 1 settembre 1944. La prima udienza del processo è fissata per l’8 luglio.
Il giudice per le udienze preliminari, Antonio Lepore, ha ammesso come parti civili la Regione Toscana, la Provincia di Lucca e la signora Fogli, figlia di una delle vittime. “Si tratta di un ulteriore passo in avanti lungo la via della verità e della giustizia sulle stragi della primavera ‘44”, ha detto, all’uscita dal tribunale, Enrico Cecchetti, vicepresidente del Consiglio regionale, che nel processo rappresenta la Regione Toscana. Per Cecchetti i fatti di Certosa Farneta sono un caso particolarmente efferato della barbarie nazista, che, in questo caso, arrivò a colpire i frati certosini che sostenevano la popolazione civile.
Rispetto al procedimento per Sant’Anna di Stazzema, avviato dallo stesso procuratore militare Marco De Paolis ed adesso in corso di dibattimento, per i fatti della Certosa di Farneta, che portarono all’esecuzione di circa 60 civili inermi, tra cui un vescovo e numerosi frati portati via dal convento, questa volta c’è un imputato con responsabilità di comando. L’ex tenente Langer, classe 1919, appartenente alla 16° SS Panzergrenadier-Division, la notte dell’1 settembre 1944 guidò una pattuglia di soldati tedeschi dentro la Certosa.
Lì prelevarono circa 100 persone, tra religiosi e civili, e il giorno successivo li fecero incamminare verso la strada che conduce in Versilia. Cominciò, così, un’odissea del terrore protrattasi fino al 10 settembre, con le esecuzioni (soprattutto dei più anziani, perché gli abili furono inviati nei campi di lavoro in Germania) in tre distinte località: Orbicciano, Pioppeti ed il torrente Frigido. “E’ auspicabile che, come successo per S. Anna di Stazzema, anche la Presidenza del Consiglio e il Comune si costituiscano parte civile entro la prima udienza dell’8 luglio”, ha concluso il vicepresidente.
Fra le onoreficenze conferite il 25 aprile da Carlo Azeglio Ciampi c’è anche la medaglia d’oro alla memoria, per merito civile, di un sacerdote toscano: Don Leto Casini, animatore di una rete di solidarietà che aiutò numerosi ebrei perseguitati dai nazi-fascisti.
Alla notizia Enrico Cecchetti, vicepresidente del Consiglio regionale, ha espresso grande soddisfazione. “Le qualità umane, civili e politiche di Casini – ha detto Cecchetti - ne fanno un altissimo esempio di quella sensibilità che, anche in Toscana, è stata alla base della ‘resistenza civile’ e che si è espressa sia attraverso l’offerta di protezione individuale, sia attraverso reti organizzate di solidarietà, come anche quella a cui dette vita Giorgio Nissim, che hanno permesso a ebrei e perseguitati di scampare alla deportazione e al terribile destino del lager”.
“Sulla figura di Don Leto, sull’attività sua e degli ambienti e a lui collegati – ha spiegato ancora Cecchetti - stiamo lavorando come Consiglio regionale con lo scopo di dare vita, nell’ambito del 60° anniversario della Resistenza e Liberazione, a un’iniziativa che ne ricordi adeguatamente l’operato. Il conferimento dell’alta onoreficenza da parte del capo dello Stato ci rallegra e ci è di sostegno in questo obiettivo”. Il conferimento della medaglia a Don Leto Casini, spiegano le motivazioni, intende premiare una figura di “sacerdote di elevate qualità umane, civili e politiche” che durante l’ultimo conflitto mondiale “si prodigò, con spirito cristiano ed encomiabile virtù civile, in favore degli ebrei perseguitati dai nazifascisti”.
A causa di questa attività Don Leto Casini venne arrestato due volte e rinchiuso nel carcere delle Murate a Firenze. Leto Casini, fiorentino, è nato nel 1902 ed è stato ordinato sacerdote nel 1928. In quasi sessant’anni di ministero è passato dalla piccola parrocchia di Giugnola ai confini della diocesi fra la Toscana e la Romagna, a quelle di San Pellegrino, di Marcoiano, di Palazzuolo sul Senio e di Varlungo; è poi, dopo la guerra, stato a lungo cappellano di bordo sulle navi passeggeri delle grandi compagnie, e ancora cappellano delle carceri e rettore dell’oratorio della Madonna delle Grazie sul lungarno Diaz a Firenze.
Nel periodo terribile delle persecuzioni razziali e del passaggio della guerra da Firenze Don Casini, con il sostegno del cardinale Elia Dalla Costa, partecipò attivamente a un’organizzazione che cercava rifugi e alloggi per gli ebrei perseguitati, soprattutto stranieri, raccoglieva soldi per il loro sostentamento, forniva loro false carte di identità. Oggi, nel parco dei giusti d’Israele presso Gerusalemme, un albero porta il suo nome.