Firenze, 26 aprile 2004- L'attuale fase critica dell'artigianato toscano potrebbe diventare "crisi selettiva" per quelle imprese artigiane che, per carenze strutturali e/o manageriali, non saranno capaci di ridisegnare ed adattare le proprie linee strategiche per misurarsi secondo i nuovi parametri di competitività, sollecitati dal mercato internazionale.
E' quanto si evince dal rapporto dell'Osservatorio Regionale sull'Artigianato della Toscana relativo al periodo 1997-2002 realizzato da Unioncamere e Regione Toscana Toscana, con la collaborazione delle Federazioni regionali di Cna, Confartigianato, Cgil, Cisl, Uil e dell'Irpet, presentato nell'ambito del 68° Mostra Mercato internazionale dell'Artigianato in corso a Firenze.
Un quadro piuttosto preoccupante, quello che scaturisce, non solo per tutto il comparto artigiano, ma, data la sua elevata rilevanza, per l'intera economia regionale dal momento che il peso dell'artigianato sul totale delle attività manifatturiere della Toscana risulta particolarmente elevato, accogliendo, in tutti i sub-settori manifatturieri, oltre il 40% del totale addetti.
Nel periodo 1997-2002 l'impresa artigiana ha subito contraccolpi negativi dalla dinamica congiunturale sfavorevole, in modo superiore alle imprese non artigiane, con performance costantemente al di sotto della media regionale in tutti i settori.
Dall'andamento del fatturato artigiano si possono distinguere una fase di stagnazione (fino al 1999), di breve ripresa (2000) ed una fase di recessione anticipata (2001-2002) talmente profonda che ha indotto un ridimensionamento complessivo del settore. Sul piano della produttività, l'edilizia è cresciuta, mentre il manifatturiero ha mantenuto un livello stazionario di sfruttamento della capacità. Le imprese artigiane di tutti i settori nell'ultimo triennio hanno progressivamente perduto economicità; ciò ha determinato un progressivo indebolimento della struttura d'impresa e della sua capacità di autofinanziamento.
Discorso diverso vale per l'occupazione, riguardo alla quale l'artigianato mostra una dinamica degli addetti spesso migliore di quella della totale occupazione regionale, soprattutto nell'ambito dei servizi e dell'edilizia.
Tuttavia, anche la dinamica degli addetti sembra confermare lo stato di crisi dell'economia artigiana nel medio periodo. La dinamica contraddittoria fra fatturato e addetti determina una marcata tendenziale perdita di produttività delle micro imprese e un suo recupero in quelle più strutturate.
Dal punto di vista delle tipologie imprenditoriali in tutti i settori, soprattutto nell'edilizia e nei servizi, è la microimpresa con meno di 4 addetti la tipologia imprenditoriale dominante. Tuttavia la micro impresa è una tipologia che tende a perdere progressivamente di peso a causa di una più marcata vulnerabilità e debolezza strategica, pur mantenendo un sufficiente grado di competitività nei comparti meno esposti alla competizione internazionale, mentre le dimensioni intermedie sono quelle dalle performance migliori
Nei sei anni presi ad esame, emerge sostanzialmente una bassa capacità di reazione delle imprese artigiane che mostrano una posizione di subalternità strategica, a sua volta derivante da un deficit di struttura cognitiva aziendale.
Una possibile via per ridurre gli elementi di debolezza strutturale sembra quella di favorire la nascita di network di imprese, in cui condividere le diverse professionalità. Anche l'orientamento verso gli investimenti appare più legato a risultati contingenti che a chiare scelte strategiche di medio: soltanto nel 2002 sembra palesarsi una minore propensione all'investimento nei settori manifatturiero e dei servizi; ciò fa supporre che le dinamiche congiunturali avverse non abbiano compromesso il grado di fiducia degli imprenditori artigiani, salvo l'emergere di un certo scetticismo nella fase finale del periodo che si è manifestato sotto forma di un'apparente insensibilità degli imprenditori artigiani verso politiche fiscali di incentivo.
Dai dati dell'osservatorio scaturisce la sensazione che le imprese artigiane si muovano verso una specializzazione sulla funzione produttiva in senso stretto, un progressivo allontanamento dal mercato finale e, quindi, una maggiore subalternità strategica rispetto a soggetti intermediari.
Pertanto, in vista di un vantaggio competitivo, per le imprese artigiane si tratterebbe di optare fra il proporsi al mercato finale con un proprio prodotto, affermando un proprio marchio e lo specializzarsi differenziando il proprio servizio, per configurarsi o come il migliore esperto in certe lavorazioni o come il soggetto meglio capace di realizzare un servizio su misura.
Il rapporto struttura-mercato suddetto e le performance delle imprese artigiane pongono in evidenza la necessità di instaurare un'alleanza reciproca fra istituzioni e aziende, in cui all'interesse e all'impegno istituzionale verso la salvaguardia e l'innovazione del tessuto lavorativo tradizionale, corrisponda l'impegno delle imprese a ridefinire il loro quadro strategico in funzione di una più ampia ed efficace penetrazione dei mercati.