Firenze – E’ decisamente l’anno della riscoperta di Filippino Lippi. Mentre in coppia con Botticelli fa furore a Palazzo Strozzi (la mostra ha superato domenica i 70 mila visitatori in poco più di tre settimane), approda in libreria un volume dedicato al restauro della sua ultima, straordinaria opera, un’incompiuta portata a termine dal Perugino, tra le più significative del rinascimento fiorentino e modello per una vasta serie di dipinti successivi.
Si tratta della Deposizione dalla croce, pala d’altare della chiesa della Santissima Annunziata, la più grande fino ad allora realizzata a Firenze, affiancata da ben 8 tavole minori successivamente smembrate e finite in varie parti del mondo.
Filippino morì 500 anni fa, esattamente il 20 aprile del 1504, nella sua casa di via degli Alfani, a due passi dall’Annunziata e dal laboratorio di via de’ Servi dove aveva appena iniziato a dipingere il volto della Maddalena.
Curato da Franca Falletti, direttrice della Galleria dell’Accademia, e da Jonathan Katz Nelson che firma anche la mostra di Palazzo Strozzi per la parte dedicata a Filippino, il volume è pubblicato da Sillabe (La Deposizione della Santissima Annunziata e il suo restauro, 192 pagine, 30 €) e documenta un “giallo” artistico risolto dopo secoli grazie alle moderne analisi scientifiche e in particolare alla riflettografia eseguita dal Gruppo Beni Culturali dell’Istituto Nazionale di Ottica.
Sarà il soprintendente Antonio Paolucci a presentarlo domani, giovedì 8 aprile, ore 21, nel corso di una cerimonia all’Accademia, rigorosamente a inviti, organizzata in collaborazione con Tosh Bioscienze.
Una presentazione in musica, nel senso che alla cerimonia seguirà un concerto, lo Stabat Mater di Pergolesi eseguito dall’orchestra Vincenzo Galilei diretta da Nicola Paszkowski, con il soprano Elisaveta Martirosyan, il contralto Silvia Ragazzo e il continuo Giulia Nuti
Il “giallo” svelato riguarda in particolare la figura della Maddalena che Filippino aveva dipinto in una posizione del tutto diversa da quanto oggi appare. In realtà Perugino cambiò molto della geografia dell’opera seguendo proprie tecniche e una sua personale concezione dei rapporti tra colori e forme e tra i loro specifici significati.
Elementi che Nelson descrive minuziosamente da par suo (con Patrizia Zambrano sta pubblicando una monumentale biografia di Filippino: Electa, 620 pagine, 200 €).
Le pitture hanno nascosto il segreto per cinque secoli, finché il restauro condotto da Rossella Lari alla Galleria dell’Accademia tra il 1996 e il 1997 (quanto mai necessario per riparare alterazioni e danni fin troppo evidenti) ha riportato alla luce l’ordito originario di Filippino. Scrive la direttrice e autrice Falletti nella prefazione al libro:
“Già Jonathan Nelson aveva individuato una serie di copie in piccolo della pala dell’Annunziata provenienti dalla bottega di Filippino, che mostravano, rispetto alla parte inferiore dell’illustre prototipo, una vistosa modifica nella posizione dalla Maddalena.
Il pensiero e la speranza di riuscire a individuare, tramite l’indagine riflettografica, un disegno che confermasse la presunta primitiva versione ideata e non mai realizzata da Filippino, erano ragionevoli, ma assolutamente non certi. Perché mai, infatti, il Perugino avrebbe dovuto lasciare le tracce del preesistente, una volta deciso di cambiare la posizione della santa secondo un suo disegno del tutto differente? Invece ecco comparire il disegno sperato e pensato in tutta la sua nitidezza a ribadire, nelle linee tese e inquiete, la divergenza fra due mondi pittorici ed umani che solo un caso astruso ha voluto avvicinare sulla superficie di una tavola d’altare divenuta tanto famosa”.
Un secondo “caso astruso”, ricorda Paolucci nell’introduzione al volume, ha voluto che Filippino e Perugino fossero le star di due grandi mostre contemporanee, a Firenze e a Perugia, in questo, eccezionale per l’arte, 2004.