Dopo il pareggio casalingo con il Pescara l’amarezza ha preso il sopravvento in casa Fiorentina. L’uscita dal campo dei viola è stata sottolineata da sonori fischi. Che mentalmente deve aver “mandato” ai suoi anche Della Valle, che si era già detto scontento del pareggio di Bergamo. Figuriamoci del risultato finale di ieri. L’occasione sprecata è alle spalle, ma non così si può dire dei “black out”. Anche la Fiorentina 2 sembra contagiata dal problema avuto dalla formazione che l’ha preceduta.
Questi improvvisi cali mentali e fisici sono stati la costante di tutto il campionato. Ed avendo cambiato il “cambiabile” ad esclusione del timone, molti pensano che i limiti siano dovuti a chi mette in campo la squadra. Ma di cambiare il tecnico non se parla proprio, per due motivi. Il primo è che adesso un nuovo allenatore perderebbe ulteriore terreno dovendo conoscere la squadra e provando a dargli il proprio gioco. E allontanarsi ancora dalla vetta sarebbe il colpo finale alle ambizioni di serie A. La seconda motivazione è che la società sconfesserebbe se stessa due volte se procedesse ad un cambio adesso, a due giorni dalla fine del mercato voluto e indicato da Cavasin. Quindi avanti senza scosse e cambiamenti. Ma con alcuni problemi all’orizzonte da risolvere velocemente. Le due componenti che trasformano una squadra da mediocre a vincente sono qualità e continuità.
Per la prima il mercato di riparazione ha assolto la sua funzione: è sulla continuità che deve lavorare l’attuale formazione. Non è possibile che la Fiorentina dei primi venticinque minuti della partita di ieri sparisca di colpo, abbassando il livello di attenzione e concentrazione senza motivo apparente. I giocatori arrivati sono tutti molto esperti e all’apice della carriera: quindi non è la paura della pressione ambientale - che sentirebbe un ventenne - il loro problema. Come ha detto ieri Viali in sala stampa “lo sapevamo cosa ci aspettava qui, e se ci siamo vuol dire che abbiamo accettato questa sfida”. Il fatto è che la squadra non si deve dividere tra chi vuole mantenere il vantaggio e chi vuole invece arrotondare il risultato: ne viene fuori un modulo di gioco sconclusionato, che fa perdere i riferimenti e allunga inevitabilmente la squadra.
Nella parte centrale del secondo tempo del match di ieri questa diversità si è vista benissimo. I “senatori” devono decidere cosa fare nei momenti nevralgici della partita e agire di conseguenza, senza tentennamenti. Obbligando chi è in campo a rispettare la scelta tattica adottata. Ultimo ma non per importanza è il problema Di Livio: già in settimana saltare all’ultimo momento l’incontro con la stampa ha indicato un malessere psicologico del capitano. La sostituzione di ieri potrebbe aver complicato la situazione.
L’importante adesso è non ricamarci sopra, ma lasciare che le cose facciano il loro corso. Preparare la partita di Trieste e pensare a come distribuire le energie fisiche e mentali per un risultato positivo: concentrarsi su questo e isolarsi da tutto il resto. E’ l’unica ricetta da seguire in questo momento. Perché niente è ancora perduto. Alessandro Signorini