Alla Galleria degli Uffizi, Sala delle Reali Poste, dal 19 ottobre al 30 novembre 2003 spazio all’Italia nelle fotografie di LIFE di David Lees.
Figlio di illustri genitori (il padre, Edward Gordon Craig, importante drammaturgo, la madre, Dorothy Nevile Lees, poetessa), David Lees è nato a Firenze nel 1916 e in Italia ha trascorso tutta la vita, affermandosi come uno dei fotografi di riferimento per l'editoria americana. In particolare ha lavorato per 25 anni, ininterrottamente, per la famosa rivista illustrata LIFE del gruppo Time Inc.
Attraverso questo lavoro pluridecennale e anche grazie ai grandi mezzi di cui l'editoria di allora poteva disporre per i fotografi, Lees è stato testimone dell'evolversi della vita italiana e della sua storia dal dopoguerra agli anni Settanta.
Raccontando, con attenzione e sensibilità, la cronaca, il costume, l'arte, la moda, l'industria, ha tra l'altro contribuito a costruire l'idea di una certa Italia nell'immaginario americano.
Firenze gli dedica ora una mostra (David Lees. L'Italia nelle foto di LIFE, Regie Poste degli Uffizi, 19 ottobre - 30 novembre 2003) promossa dalla Soprintendenza per il Polo Museale fiorentino, dal Comune di Firenze, dal Gabinetto Vieusseux e da Firenze Mostre che cura anche organizzazione e allestimento.
Cura l'esposizione Cosimo Chiarelli, docente di storia della fotografia all'università di Pisa, che dallo sterminato archivio di Lees ha selezionato circa 130 immagini in bianco e nero e a colori stampate in medio e grande formato.
Una sezione dedicata alla formazione artistica di Lees nel clima cosmopolita della cultura anglo-fiorentina degli anni '40, a diretto contatto con personalità come Bernard Berenson ed Ezra Pound, fa da anticamera a un percorso fondamentalmente cronologico dedicato agli anni della collaborazione con LIFE (dal 1950 al 1972, quando la rivista cessò le pubblicazioni).
Le immagini dei principali fatti di cronaca di quegli anni (il disastro del Vajont e i funerali di papa Giovanni nel '63; l'alluvione di Firenze nel '66, il pontificato di Paolo VI che chiamava Lees "l'inglese fiorentino") si alternano a felici servizi di costume (il matrimonio tra un giovane soldato americano e una ragazza meridionale, la storia di un bambino e delle sue 50.000 cartoline illustrate) e a ritratti, sempre abilmente costruiti, dei grandi nomi dell'industria (Gianni Agnelli, Adriano Olivetti, Enrico Piaggio), della moda (Armani, Pucci, Ferragamo) e della cultura (Berenson, Pound, Montale, Fellini).
Ne emerge un affresco di storia italiana estremamente ricco e articolato che, anche a prima vista, riserva non poche sorprese.
Il rigore di Lees, la sua ricerca di una lucida espressività sono lontani dalle tendenze del tempo dominato da fotoreporters impegnati e paparazzi, e forse per questo non hanno ricevuto finora giusti riconoscimenti. Ma sono proprio gli elementi stilistici che ne fanno un precursore delle più recenti tendenze della nuova documentazione, avvicinando le sue opere a quelle di più giovani maestri come Thomas Struth o Andreas Gursky.
La morte di LIFE, uccisa dalla concorrenza della Tv, chiude un'epoca, ma non interrompe il lavoro di Lees.
Tecnica e qualità formali straordinarie lo portano difatti a specializzarsi nella fotografia industriale, ambito nel quale realizza alcune delle sue prove più suggestive per importanti committenti (FIAT, Honeywell, Montedison). Immagini che servono ancora da esempio per le nuove generazioni di fotografi. David Lees vive tutt'oggi a Firenze.