"Per raggiungere gli obiettivi dell’Amministrazione –spiegava nel 2001 l'assessore comunale Biagi- è necessario avere una visione condivisa dello sviluppo della città: per questo è necessario coinvolgere da un lato le forze economiche, sociali e culturali, dall'altro lato gli stessi cittadini. E' quello che stiamo facendo con il Piano Strategico”.
In meno di un anno e mezzo il Piano Strategico fiorentino è passato dalla fase di analisi alla definizione di 32 progetti. Secondo il Sindaco Domenici il Piano risponde a 4 grandi temi: mobilità e rinnovamento, vivibilità e qualità urbana, solidarietà e accoglienza, governo metropolitano.
Nei prossimi 10 anni il Piano Strategico dovrebbe ridisegnare l’urbanistica, controllare i flussi turistici come le emissioni inquinanti, valorizzare le risorse culturali e architettoniche, mettere in rete musei e professionalità.
Due i percorsi paralleli per il coinvolgimento. 270 persone in rappresentanza di circa 170 soggetti tra pubblici, privati hanno preso parte ai lavori di elaborazione. Sono giunti 90 contributi, di cui 33 dal mondo ambientalista. Il coinvolgimento dei cittadini è stato cercato invece con una serie di iniziative tra cui: il sito internet del piano; una newsletter arrivata a 180.000 famiglie fiorentine, trasmissioni televisive e radiofoniche; mostre illustrative dei vari temi sviluppati.
Il piano non è stato esente da critiche.
“Del tutto dimenticata l'agricoltura –secondo il capogruppo dei Verdi Papini- Molto carente l'analisi ambientale di cui è stato affrontato solo l'aspetto societario di alcune municipalizzate. Manca un piano di riduzione dei consumi energetici, della produzione di rifiuti, del rischio idrogeologico”. Secondo Tondi, consigliere CCD: “Domenici attrae l'opposizione in un dibattito sui massimi sistemi che rischia di attenuare lo sforzo di controllo e critica in Consiglio comunale”. E stupore è stato espresso anche da esponenti del centro-sinistra quando l’estate scorsa il sindaco ha presentato alla stampa, prima che ai capigruppo della maggioranza, i 32 progetti.
Certo è che non più del 10% dei cittadini sanno pur vagamente di che si tratta.
Se l'obiettivo era per la Giunta “il coinvolgimento allargato dei cittadini alle scelte, attraverso percorsi di programmazione partecipata”, secondo la capogruppo di Rifondazione Comunista Monica Sgherri: “La procedura avviata si caratterizza proprio per la parzialità dei soggetti coinvolti e dei progetti presentati. Nello stilare il piano strategico non sono stati considerati quei soggetti che vivono quotidianamente la città con tutte le sue contraddizioni: inquilini, alunni, pendolari e anziani”.
Con la morte dei partiti di massa e la fine della loro funzione di mediazione sociale, la partecipazione alle scelte è un tema centrale della democrazia.
Da questo punto di vista il Piano strategico ha il merito di aver portato alla luce del sole il ruolo delle realtà economiche, siano esse gruppi di interesse e di categoria che grandi operatori dell’edilizia. Sono questi i tradizionali interlocutori della politica e il Piano strategico ha conferito ai processi decisionali una maggiore trasparenza. Nei prossimi 10 anni la città sarà sconvolta da realizzazioni urbanistiche: una scommessa decisionale troppo pesante per una Giunta comunale. Ma da questo al germogliare di una nuova stagione della democrazia ce ne corre.
Ne sa qualcosa chi in questi anni si sia provato a frequentare incontri e mostre dal programma preordinato, che abbia inviato un contributo al sito internet istituzionale senza ricevere alcun cenno di risposta, che abbia fatto anticamera per ore negli uffici della Giunta. L’opposizione di centro-destra ha persino dubitato della genuinità delle telefonate che giungevano ai programmi di filo diretto con il Sindaco. Insomma attenti a scambiare il marketing divulgativo del Piano Strategico con la Democrazia partecipata.
Quella è un’altra cosa.