FIRENZE, 25 FEBBRAIO - Una quarantina di giovani Disobbedienti hanno occupato nel pomeriggio la sede fiorentina di Trenitalia, in piazza dell'Unità. Dalle finestre del palazzo, nei pressi della stazione di Santa Maria Novella, i giovani hanno esposto uno striscione con scritto 'no war'. Con un megafono dalle finestre invitano tutti a bloccare "i treni della guerra".
E' al momento tranquilla la situazione negli altri scali ferroviari toscani interessati dalle mobilitazione dei pacifisti per bloccare i
treni che trasportano materiale bellico diretto alla base militare Usa di Camp Darby, a Pisa.
Ma una decina di disobbedienti si e' incatenata la scorsa notte, poco dopo le 5, sui binari della stazione di Cascina (Pisa). Sono subito intervenute le forze dell' ordine che hanno
riportato la asituazioen alla normalita' in pochi minuti tagliando le catene e liberando la sede ferroviaria.
La Toscana si mobilita ancora una volta per la pace. E lo fa con insistenza, organizzando altre due iniziative che intendono coinvolgere tutti i cittadini che ancora non hanno perso la speranza di una soluzione non bellica in medio-oriente.
La prima prende il nome di "15 parole per la pace", un'idea del presidente della Regione Toscana Claudio Martini per cercare di far recapitare quanti più messaggi di pace possibili al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Attraverso il sito personale del presidente della Regione (www.claudiomartini.it), cliccando sull'iniziativa "15 parole per la Pace", è possibile mandare il proprio messaggio contro la guerra (15 parole in tutto) che Martini si incaricherà di recapitare al segretario generale dell’Onu Kofi Annan e ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza.
Occorre a questo scopo compilare la cartolina virtuale col proprio nome e cognome e il proprio indirizzo email.
L'altra proposta, sempre in tema di pace e contro la guerra in Iraq, è nata stamattina, dopo che il presidente Martini si è incontrato con i segretari generali toscani delle tre rappresentanze sindacali (CGIL, CISL e UIL), rispettivamente Luciano Silvestri, Gianni Salvadori e Vito Marchiani. Insieme hanno deciso di organizzare per il prossimo 5 marzo, in tutta la regione, "Fiaccole di pace": un invito a riempire vie e piazze toscane e ad accendere una fiaccola per scongiurare il dramma di un conflitto.
La Rete Lilliput condivide ed appoggia gli attuali tentativi in corso da parte del movimento per la pace tesi ad ostacolare e bloccare il transito di treni armati sul territorio italiano e invita tutti i lillipuziani disponibili ad attivarsi e a partecipare, secondo le modalità integralmente nonviolente utilizzate dalla Rete.
Per Massimiliano Pilati, referente del gruppo nonviolenza e conflitti della Rete Lilliput "è importante affermare che la disobbedienza civile è nonviolenza.
La nonviolenza, per teoria e per storia, include da sempre la disobbedienza civile tra le sue pratiche legittime. Ovviamente, secondo la legge di progressione gandhiana, non è da attivarsi come primo passo, infatti le lillipuziane e i lillipuziani continuano e continueranno nella loro quotidiana attività ad impegnarsi nelle "normali" campagne e iniziative di opposizione alla guerra: dalla Campagna Bandiere della pace che tanto hasignificato nello spostare l'opinione pubblica su posizioni nettamente pacifiste alla campagna Stop Esso War per denunciare il nesso tra guerra e petrolio, per arrivare alla campagna Scelgo la nonviolenza, alle biciclettate nonviolente e alle ore di silenzio contro la guerra."
Rete Lilliput crede che la pratica della disobbedienza civile sia una delle possibili iniziative di opposizione alla guerra e da applicarsi soltanto laddove altre tipologie d'azione si siano rivelate inadeguate e senza successo e l'avversario continui quindi a perseguire i suoi scopi illegittimi e violenti.
Questo è il caso dell'attuale trasporto di materiale bellico attraverso il nostro territorio: nonostante le proteste e le straordinarie manifestazioni di dissenso, la macchina bellica procede ed il nostro Governo continua a collaborare alla predisposizione e all'attuazione della guerra contro l'Iraq. Siamo maggioranza nel paese, ma non abbiamo la forza per impedire, in Parlamento, che certe decisioni passino o vengano comunque attuate, sottobanco o meno, dal Governo e dalle autorità militari: Il gioco appare truccato.
A questo punto per chi si dichiara 'pacifista' sorge il classico dilemma. Che fare? Nel linguaggio dell'attivista nonviolento significa: Quali azioni nonviolente?
Continua Massimiliano Pilati "quando si agisce c'è sempre il rischio di sbagliare, e certamente le azioni in corso attualmente - e quelle che verranno, visti il periodo di guerra che probabilmente ci attende - sono rischiose, soprattutto perché possono essere attuate anche da persone esasperate e poco preparate, o strumentalizzate da minoranze violente del movimento, innescando così una spirale di criminalizzazione che ben conosciamo.
Lavoriamo assiduamente perché questo non accada, ed abbiamo fiducia che sarà così, ma proprio per questo è importante formarsi, agire, esserci. E' fondamentale che, in questa fase, obiettivi del boicottaggio siano chiaramente soltanto i convogli militari e non si vada a colpire i cittadini viaggiatori con azioni confuse ed inutili, totalmente nocive in vista dell'acquisizione di ulteriore consenso ed anzi foriere di incomprensioni e perdite dell'indispensabile supporto sociale."
La Rete Lilliput si sta attivando inoltre per promuovere, sia a livello locale che nazionale, la nascita di momenti di confronto interno al movimento per la pace utili al raggiungere comune di obiettivi di metodo, assolutamente indispensabili in una fase delicata e cruciale come questa.
Per favorire l'adesione e la presenza dei lillipuziani sarà importante garantire da parte di tutti coloro impegnati nel fermare il conflitto armato in Iraq, un adeguato livello di condivisione delle decisioni e una lealtà reciproca nel modo in cui esse vengono e verranno comunemente attuate.
Rete Lilliput nota l'estrema difficoltà che la cultura politica tradizionale dimostra nell'ascoltare, nel capire e nell'uscire da una considerazione stereotipata del "nonviolento" e dell'"azione nonviolenta".
Ilvo Diamanti su Repubblica, Piero Ostellino sul Corriere della Sera, Luciano Violante sull'Unità, per citare solo alcuni casi, accolgono e propongono della nonviolenza soltanto la parte 'a-violenta', tutta inscritta nell'ordine e nella tradizione legalitaria. Si è nonviolenti solo promuovendo assemblee, dibattiti, manifestazioni, comunque forme di protesta tradizionale verso un sistema giudicato nel suo complesso negativo. Vorremmo cogliere l'occasione aprire un dibattito su alcune questioni.
La nonviolenza in Italia è stata per anni cultura di minoranza.
Solo poche persone, riviste e organizzazioni, tra cui Rete Lilliput, se ne occupavano. Oggi non è più così, in maniera eclatante le pratiche nonviolente escono alla ribalta ed è necessario allora iniziare una serie di percorsi di ricerca, di formazione e di prassi concrete. Dai lillipuziani Enrico Euli e Marco Forlani arriva un valido sostegno con il libro Guida all'azione diretta non violenta. Da Comiso a Genova e oltre: come ci si prepara alla protesta, edizioni Altreconomia.
Un libro che in maniera semplice e diretta ha il pregio di illustrare le azioni dei primi anni Ottanta, le manifestazioni di piazza contro le politiche neoliberiste, le interposizioni internazionali in situazioni di guerra.
Una sezione è inoltre dedicata alla tecniche e alle strategie attuate negli anni dal movimento nonviolento.