Firenze - Grazie ai palloncini dell’angioplastica e a una capillare organizzazione territoriale è crollata dal 17,3% al 10,7% nell’area fiorentina la mortalità nei casi di infarto acuto del miocardio. Lo ha accertato la ricerca AMI Florence (Acute Myocardial Infarction) condotta nel 2002 su 930 pazienti dall’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana in collaborazione con la ASL di Firenze e con l’ospedale di Careggi.
Ne hanno dato notizia oggi a Florence Heart 2003, il congresso di cardiologia in corso al Palacongressi di Firenze, Massimo Margheri e Serafina Valente, i due cardiologi dell’equipe del professor Gian Franco Gensini che hanno partecipato alla ricerca condotta insieme al gruppo del dottor David Antoniucci.
“L’Area Fiorentina e, più in generale, la Toscana”, hanno detto, “sono all’avanguardia nel trattamento dell’infarto miocardio”. Risultati analoghi sono stati infatti ottenuti a Pisa dai collaboratori del professor Mario Mariani, direttore del Dipartimento Cardio-Toracico della locale Università.
Questo deciso miglioramento delle possibilità di sopravvivenza rispetto alla terapia conservativa è confermato dalla frequenza della mortalità intraospedaliera oggi pari al 5,7% (9,2% dopo 6 mesi) in pazienti trattati con la rivascolarizzazione.
Con la terapia conservativa la percentuale era invece, rispettivamente, del 14,5% e del 24,4% nell’arco dei 6 mesi.
La ricerca è riferita all’area metropolitana popolata da circa 800.000 abitanti e una struttura sanitaria che fa perno su cinque ospedali (Torregalli, Ponte a Niccheri, S. Maria Nuova, Borgo S. Lorenzo e Figline) e sull’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi. Tre i reparti di cardiologia e uno di geriatria con tre unità coronariche che sono sempre operative, ovvero garantiscono un’attività di 24 ore al giorno, per 7 giorni alla settimana, su due sale in parallelo.
Questo consente anche il trattamento contemporaneo di due pazienti con infarto miocardico acuto.
A pieno ritmo, dunque, anche l’attività per le procedure di angioplastica coronarica (dilatazione con palloncino di lesioni aterosclerotiche coronariche) e in particolare per l’angioplastica primaria con cui, come noto, si interviene su pazienti con infarto miocardico acuto nelle primissime ore.
Attraverso il 118, il Servizio di emergenza territoriale, anche i pazienti infartuati ricoverati in un primo momenti negli altri ospedali dell’Area sono indirizzati verso le sale di emodinamica di Careggi per l’angioplastica primaria.
I trasferimenti hanno luogo nell’arco massimo di 90 minuti, sempre che il medico valuti l’angioplastica necessaria. Meno di frequente l’intervento viene fatto in loco attraverso dei farmaci.
Nell’area fiorentina l’angioplastica primaria rappresenta in sostanza la più comune strategia di riapertura delle coronarie. E’ in questo senso, hanno specificato Margheri e Valente, che Firenze è da considerarsi all’avanguardia nel trattamento dell’infarto acuto del miocardio. Le linee guida internazionali pubblicate in questi giorni dall’American College of Cardiology indicano peraltro l’angioplastica primaria come il trattamento più adeguato.
In altre parole: meglio trasportare il paziente da un ospedale a un altro piuttosto di intervenire senza angioplastica.
La ricerca AMI Florence ha anche identificato una serie di fattori di rischio indipendenti di mortalità come l’età avanzata, l’angina con esordio recente, il precedente ictus o cancro e la condizione emodinamica del paziente. Nonostante le risorse disponibili per la cura di questa patologia passa però ancora troppo tempo tra l’inizio dei sintomi e la decisione del paziente di rivolgersi a un presidio medico.
Occorre dunque insistere nell’informare la gente sui pericoli dell’infarto miocardico acuto e sulle strategie d’intervento.
Quanto alla cardiochirurgia, nel 2002 Careggi ha ospitato circa 870 interventi, di cui il 20% a cuore battente, una tecnica che consente di proteggere meglio il cervello e di limitare eventuali complicanze. Il 58% degli interventi sono stati di rivascolarizzazione miocardica con bypass.