FIRENZE- Modernizzare il sistema della formazione, rinnovare le politiche per il diritto allo studio, ampliare le potenzialità del lifelong learning, estendere la rete della teleformazione per qualificare le risorse umane e aumentare così la propensione all'innovazione della nostra regione.
Questo il senso dell'intervento dell'assessore all'istruzione, formazione e lavoro Paolo Benesperi che ha concluso il dibattito, alla facoltà di economia e commercio, organizzato ieri dalla Regione per la presentazione di due ricerche curate da Pier Angelo Mori (La ricerca scientifica e tecnologica) e da Michelangelo Vasta (Information and communication technologies).
Quello che emerge dagli studi, cui hanno collaborato moltissimi ricercatori, è un quadro chiaro e aggiornato della realtà toscana e delle sue potenzialità. Ciò che emerge con forza dalle ricerche è la collocazione intermedia della nostra regione rispetto sia alle regioni del nord che a quelle del sud del paese. La Toscana occupa cioè una posizione di confine fra le regioni a maggiore potenziale innovativo e quelle a minore potenziale. E' stato evidenziato, per quel che riguarda la dotazione di capitale umano, un alto tasso di scolarità superiore, cui fa però da contraltare la tendenza al rallentamento nel conseguimento di un titolo universitario.
Una tendenza spiegabile con le esigenze delle imprese toscane in cui prevale la richiesta di una istruzione intermedia e la formazione cosiddetta on the job. Una caratteristica importante del sistema toscano è la forte interdipendenza dell'attività di ricerca dal settore pubblico, a partire dall'Università. Si delinea così un quadro in cui sono presenti due sistemi, quello delle imprese e quello pubblico, rappresentato da una molteplicità di istituzioni ed enti di ricerca, a cominciare dai tre poli universitari di Firenze, Pisa e Siena, con punte di eccellenza, in particolare, in settori come quello dell'elettronica e del bio-medicale.
Quanto alle imprese, lo studio definisce performance limitate e una bassa produzione di brevetti. Il punto chiave sta nella scarsa capacità dei due sistemi di comunicare fra loro. Di qui il compito delle politiche regionali che, come è stato osservato, dovrà essere quello di creare le condizioni per colmare questo divario fra potenziale tecnico-scientifico e capacità di produrre innovazioni tecnologiche in grado di rafforzare la competitività dell'apparato produttivo esistente. "E' una sfida che dobbiamo raccogliere - afferma Benesperi - con l'obiettivo di aumentare la nostra propensione all'innovazione, puntando sull'indicazione che viene dall'Unione Europea per la creazione di una società della conoscenza.
E' una sfida che comporta una revisione complessiva delle politiche, un ripensamento che porti a mettere in valore e integrare le risorse esistenti".