FIRENZE- Al convegno sulla povertà organizzato ieri ed oggi a Firenze dal vice presidente della Regione Toscana Angelo Passaleva – erano rappresentate quattordici regioni d’Europa, c’erano studiosi ed operatori dalla Francia, dall’Inghilterra e dal Belgio, dall’Irlanda, dalla Spagna, dal Kosovo, dalla Polonia e dalla Grecia - è nata Re.tis.: una rete di ventinove regioni e città europee che si sono unite per trovare assieme comuni strategie per combattere la povertà, “che in questi due giorni – spiega Passaleva – abbiamo visto che non è solo quella del Terzo mondo”.
La Toscana, assieme alla Regione di Bruxelles capitale, è il soggetto che più ha voluto il progetto.
Ed infatti di Re.tis Angelo Passaleva sarà il primo tra i vice presidenti. In questi due giorni di riflessioni sulla povertà è stato definito a Firenze lo statuto dell’associazione ed entro il 15 dicembre regioni e città interessate dovranno formalmente comunicare la propria adesione. “Re.tis – spiega il vice presidente ed assessore alle politiche sociali della Toscana, Angelo Passaleva – osserverà l’evoluzione del fenomeno della povertà in Europa, produrrà analisi e riflessioni, si scambierà i dati, valuterà e comparerà le politiche messe in atto dai suoi membri per trovare le migliori pratiche comuni.
La povertà assume volti diversi: è vivere nel disagio economico e non poter soddisfare i propri bisogni materiali. Ma è anche l’assenza di libertà fondamentali, non godere di buona salute o non poter realizzare i propri piani di vita. Con Re.tis. noi vogliamo contribuire alla libertà e all’uguaglianza, in diritto e dignità, di ogni uomo e donna, all’emancipazione di ogni individuo”.
Re.tis avrà sede a Bruxelles ed ha già presentato un proprio progetto alla Commissione Europea.
“Siamo ottimisti” commenta Passaleva. Nel messaggio che ieri Prodi ha inviato all’assessore, il presidente della Commissione ha infatti fin da ora assicurato tutto il sostegno proprio e dell’Europa alle azioni che sarebbero state decise a Firenze. “A Re.tis – aggiunge Passaleva - potranno inoltre aderire associazioni e enti non governativi: di fatto tutti coloro che operano sul campo, a contatto quotidiano con i poveri e con gli emarginati. E questo mi sembra essenziale per la buona riuscita del progetto”.
I membri che hanno già comunicato la propria volontà di aderire a Re.tis sono: la Toscana, Bruxelles capitale, l’Abruzzo, il Comune di Pescara, il Piemonte, il Veneto, il Comune di Padova, la Valle d’Aosta, la Lombardia, la Regione del Nord-Pas de Calais, Nizza, Dublino, l’Extremadura, Navarra, Huelva, Almeria, Gijon, Iraklion, Ioannina, Aalborg, Braga, Stockholm, Berlino, le West Midlands, l’Hampshire, l’isola di Wight, il Sussex, la Regione del Galles e Vienna.
“Ammesso che la povertà sia qualcosa di cui ci si debba vergognare, qualcosa che sporca il paesaggio e ammesso che si svoglia spazzare via la povertà per portarla in un angolo lontano dal centro, lontano ad esempio dai centri storici delle nostre città eleganti verso la periferia, verso qualche altro tappeto sotto cui si possa nasconderla … ammesso tutto questo, il carcere è esattamente il punto di arrivo, il fondo del pozzo, l’ultimo strato della discarica dove la povertà viene spazzata via”.
A parlare è Adriano Sofri. C’era anche lui, in video, all’incontro europeo di Firenze sulla povertà organizzato dall’assessorato alle politiche sociali della Regione Toscana ieri ed oggi al Palaffari. Adriano Sofri – maglietta nera a pari collo, un muro bianco alle spalle ma anche una mente assai lucida, e dietro una finestra con delle sbarre – parla per venti minuti. Lo fa attraverso una video intervista realizzata dieci giorni fa nel carcere “Don Bosco” di Pisa dove sta scontando la propria pena.
Parla dei luoghi della povertà; ed il carcere è secondo lui appunto luogo di povertà, l’ultimo strato di quella discarica dove si vuole nasconderla. Parla anche della metamorfosi che ha subito la prigione, prima con l’arrivo dei tossicodipendenti italiani e poi con i giovani immigrati: tutti e due, in modi diversi, poveri ed indigenti.
“Assistiamo oggi ad un avanzamento della povertà assoluta – dice – quella dove manca qualsiasi sussidio materiale e qualunque conforto morale”.
La prigione diventa per certi aspetti lo specchio di quello che succede nel mondo reale, delle sue storture e contraddizioni: “anche qui c’è chi è più povero e chi è privilegiato”.
La povertà, come il carcere, ha anche un costo: “Lo Stato – racconta – spende per ogni detenuto tra le 450 e le 700 mila lire al giorno, di cui 2530 servono per la colazione, il pasto e la cena. Ma spesso non ci sono soldi neppure per accomodare un rubinetto. E per risolvere i problemi delle carceri l’unica soluzione sembra quella di costruire nuovi carceri”.
La povertà, infine, può essere un mito.
Ma nessuno, secondo Sofri, sceglie di essere povero. E’ costretto a diventarlo dalle circostanze.