FIRENZE- In Toscana la condizione sociale e quella economica influenzano direttamente la mortalità della popolazione. Questa stessa considerazione vale per l’Italia, ma è nella nostra regione che è stato realizzato uno studio approfondito, che ha fornito cifre esatte e per molti versi stupefacenti. E’ quanto emerge dallo studio longitudinale toscano su condizione socio economica e mortalità, l’ultima ricerca realizzata a livello nazionale, e la seconda per ampiezza e significatività, condotta dalla Regione Toscana su un gruppo di 600.000 cittadini seguiti dal 1981 al 1999.
Si tratta di tutti gli abitanti dei comuni di Firenze e Livorno. Dal lavoro esce confermato il dato che ancora oggi, nonostante il progressivo miglioramento dello stato di salute e l’allungamento della vita media, permangono forti diseguaglianze tra i cittadini. Vediamo quanto queste incidono sulla nostra vita.
Il livello di istruzione
Un maschio in possesso della sola licenza elementare muore il 39% di più rispetto ad un diplomato o laureato. Una percentuale che sale a 71 punti a Firenze e a 77 a Livorno nel caso di persone senza titolo di studio.
Più bassi i valori (26 e 60) se si tratta di donne.
Il lavoro
L’effetto della disoccupazione è ancora più forte. Gli uomini livornesi senza lavoro muoiono il 168% in più rispetto agli occupati. Tra le donne la percentuale scende all’82%. Anche le casalinghe muoiono di più (46%) rispetto alle donne che lavorano.
Le classi sociali
E’ la borghesia (cioè la classe sociale che secondo il sociologo Schizzerotto raggruppa gli imprenditori, i liberi professionisti e i dirigenti) quella che vive più a lungo.
La piccola borghesia senza dipendenti muore il 42% in più, e la classe operaia il 55% in più rispetto rispetto alla borghesia. Percentuali che salgono al 43 e addirittura al 70% nel caso dei tumori. Un operaio maschio muore per tumore il 70% in più rispetto ad un borghese.
La famiglia
Le donne che vivono sole o sole con figli hanno il 21% di probabilità in più di morire rispetto alle coppie con figli. Una cifra che sale al 40% nel caso dei maschi che vivono soli.
La casa
Vive più a lungo chi abita in una casa con più di 25 metri quadri pro capite e almeno due servizi igienici a disposizione.
Gli uomini che abitano in un appartamento in affitto e hanno a disposizione meno di 26 metri quadri a testa muoiono il 68% in più. Se si tratta di donne la cifra sale al 73%.
I decessi in più ogni anno
Considerando insieme Firenze e Livorno ogni anno si sono registrati 518 morti (333 uomini, 185 donne) in più tra coloro che possiedono un titolo di studio inferiore o sono senza titolo rispetto ai laureati o ai diplomati. Una cifra che rappresenta circa il 20% del totale dei decessi fino ai 74 anni di età che si registrano ogni anno nelle due città.
Così, se la mortalità si considera dal punto di vista del lavoro, ci sono stati 28 decessi in più tra i disoccupati e 140 tra le casalinghe rispetto agli uomini e alle donne che lavorano. Sono invece 195 (139 maschi e 56 femmine) i morti in più attribuibili a tutte le varie tipologie di famiglie rispetto alle coppie con figli. Tra chi abita in case con meno di due bagni e 25 metri quadrati a persona a disposizione, si sono registrate 409 morti in più (273 uomini e 136 donne).
Le cause della mortalità
Nel confronto tra i maschi che hanno almeno la licenza media superiore e quelli con la sola licenza elementare si nota che questi ultimi muoiono circa il 50% in più di tumore, il 110% in più di tumore al polmone, il 73% in più a causa di malattie respiratorie, il 93% in più di cirrosi epatica.
Grandi differenze anche tra occupati e disoccupati.
Per questi ultimi i tumori incidono del 94% in più e quelli al polmone del 152% in più. I disoccupati muoiono quasi 4 volte di più di cirrosi epatica e 2,3 volte in più per cause evitabili.
Le morti evitabili
Le cause di morte evitabili sono quelle che per lo stato delle conoscenze scientifiche e il livello dei servizi sanitari non dovrebbero verificarsi. Riguardano malattie come il tetano, la pertosse, il morbillo, le complicazioni della gravidanza o del parto, le malattie ipertensive, il tumore maligno dell’utero entro i 55 anni, i disturbi circolatori del cervello tra i 35 e i 64 anni, l’appendicite, l’ernia, i calcoli biliari, ecc.
Per le cause evitabili tra i maschi senza titolo di studio si registrano il 50% delle morti in più rispetto ai diplomati o laureati, percentuale che sale addirittura al 117 per le donne livornesi senza titolo di studio.
Le disuguaglianze
La ricerca mostra che nel tempo le disuguaglianze in termini di salute tendono ad aumentare, cioè che le persone in condizione di svantaggio sociale non riescono a sfruttare le opportunità di salute offerte dal miglioramento delle conoscenze.
Le maggiori disponibilità economiche vengono cioè impiegate non per migliorare la salute, ma per altri consumi. Le persone svantaggiate che vivono in quartieri poveri muoiono il 10% in più rispetto a chi, pur essendo in condizione di svantaggio, vive in quartieri ricchi.
Il quadro toscano: vita, morte, deprivazione
Esiste un rapporto diretto tra la deprivazione sociale e la mortalità, che incide maggiormente nelle aree del nord ovest della Toscana rispetto a quelle sud orientali. Le aree che risultano oggi in condizione di deprivazione materiale o sociale sono ancora più penalizzate per tasso di mortalità di quanto non lo erano nel 1961.
Ciò significa che oggi lo svantaggio sociale ha effetti più gravi che nel passato rispetto al mantenimento di un buono stato di salute. Nascite, durata della vita e morti In Toscana si registrano ogni anno circa 41.000 morti (11-12 ogni 1.000 abitanti) e circa 28.000 nascite (8 ogni 1000 abitanti). La durata media della vita rispecchia la media italiana ed è di circa 75 anni per gli uomini e di 81 per le donne. Tra il 1981 e il 1991 è cresciuta di 4 anni per gli uomini e di oltre 3 per le donne.
“Si tratta di un lavoro importante – è il parere di Carla Guidi, assessore regionale al sistema informativo - che dimostra come sia possibile utilizzare al meglio gli archivi statistici, attraverso processi di integrazione. Rappresenta un esempio di collaborazione fra soggetti diversi, come gli uffici di statistica dei comuni e della Regione, che fanno parte del sistema statistico nazionale e di questi con istituzioni scientifiche come l’Università di Firenze e il Centro per lo studio e la prevenzione oncologica”.
“I risultati dello studio – aggiunge l’assessore al diritto alla salute, Enrico Rossi – ci spronano a perseguire con maggior determinazione il primo degli obiettivi che ci siamo dati con il nuovo Piano sanitario regionale, quello cioè di ridurre le disuguaglianze tra i cittadini in termini di salute”. Per l’assessore Rossi non è soltanto una questione di ricchezza, quanto di informazione e di competenze. A suo giudizio se si potessero raggruppare i cittadini in sole quattro categorie, quelli più avvantaggiati sarebbero certamente i ricchi e istruiti, ma al secondo posto troveremmo i poveri istruiti, seguiti dai ricchi ignoranti e infine dai poveri ignoranti.
“Spesso – precisa Enrico Rossi – le persone in condizioni di svantaggio che più hanno bisogno di cure tendono a ricorrere ai servizi sanitari e ai farmaci in modo indiscriminato e inappropriato. La ricchezza non è determinante. Nel caso dei controlli, gratuiti, per i tumori dell’utero sono le donne più istruite a sottoporsi agli accertamenti. Così abbiamo scelto di potenziare la rete dei servizi e non soltanto i grandi centri, in modo da facilitare l’accessibilità da parte di tutti i cittadini e di elevare la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni di base”.
La Toscana è complessivamente in una buona situazione per ciò che riguarda il numero delle morti evitabili, tuttavia per migliorare ancora è necessario un concorso di intenti tra cittadini e sistema sanitario.
“Occorre infatti considerare – conclude l’assessore Rossi – che ciò che influisce sul nostro stato di salute è per il 25% l’efficienza e la qualità del sistema sanitario e per il 75% sono i cosiddetti determinanti non sanitari, cioè gli stili di vita, la qualità dell’ambiente, il grado di istruzione, insomma la qualità della vita che in Toscana è alta, ma che possiamo innalzare ulteriormente”. E’ proprio per questo, secondo l’assessore Guidi, che “è doveroso investire anche in processi complessi come questo studio statistico, che forniscono i loro risultati non in tempi brevi ma solo dopo alcuni anni e che richiedono un disegno organizzativo articolato e rigoroso e il coinvolgimento attivo di numerosi soggetti”.